Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’editoriale Più verde e cultura
Il bisogno che ognuno ha dell’altro, è profondo, è lì, forte, qualsiasi cosa di diverso si senta o si dica. Un insegnante realmente e non simbolicamente ferito non può fare a meno di chiedere come sta il «suo» alunno perché la guarigione, se vera, non può essere che rigorosamente duale. Riempire solitudini che non arrivano più a riconoscere la dipendenza reciproca. La scuola è viversi accanto nella quotidianità ripetuta mentre fuori scorre la vita. Quale altro rapporto, quale altro lavoro ha una quotidianità così serrata? Ci si vive accanto, maneggiando conoscenza, idee, a volte anche vecchie, false, sbagliate, ma idee che riempiono menti, che tengono le intelligenze al lavoro,
costrette in qualche modo a pensare. La deprivazione assoluta di conoscenze, idee, intelligenze uccide la mente. Ritrovare nel lavoro la cura umile di quel poco che ognuno di noi può fare: solo così imperfezione e mancanza possono talvolta risultare perfetti.
Non si sa mai, se non dopo, di essere stati felici in una quotidianità laboriosa, routinaria, in cui spesso ci si adatta semplicemente all’esistente. Eppure in modo indistinto lo si percepisce anche all’interno il calore mentre il lavoro si snoda. Si affrontano conflitti, si combatte la noia, accettandola e trasformandola insieme, consentendosi ogni tanto di giocare, di aprire un piccolo spazio in cui ci si diverte insieme. Talvolta si inseriscono sprazzi di luce: una cosa veramente capita, uno scambio di idee, una sintonia improvvisa e vitale. Meno alberi intorno alle scuole che nei parchi di Tokyo, il bisogno di pulizia molto latente. Un po’ più di detersivi e di piante, un po’ più di cultura che filtri reazioni emotive brutalmente immediate e si potrebbero inseguire giorni quasi «perfetti».