Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Tentarono di uccidere 16enne
Hanno una vendetta da consumare. Il passeggero estrae da sotto al giubbotto un fucile da caccia a canne mozze e mette nel mirino l’obiettivo designato: un ragazzino di appena 16 anni, «colpevole» di averli provocati e derisi su un gruppo whatsapp. L’agguato va a segno, ma da quella sera del 27 dicembre scorso le indagini hanno fatto il proprio corso e la svolta sul caso è arrivata alle prime luci di ieri, quando i poliziotti della Squadra mobile hanno stretto le manette ai polsi dei due presunti responsabili, un 16enne e un 17enne originari di Poggioreale, entrambi accusati di tentato omicidio aggravato. Altri tre minorenni sono invece indagati a piede libero.
Le loro fedine penali sono ancora immacolate, ma alle spalle hanno parentele scomode che non sono passate inosservate agli occhi del pool investigativo coordinato dal sostituto della procura per i Minorenni Claudia De Luca. Il più giovane dei due arrestati è infatti nipote di uno dei killer, oltre che esponente di punta, del clan Licciardi, gruppo capofila dell’Alleanza di Secondigliano. Una circostanza tutt’altro che marginale, tanto da spingere il gip Anna Polito a inquadrare la vicenda «in uno scontro armato di bande contrapposte di giovanissimi, finalizzato al controllo del territorio, in una logica chiaramente camorristica, ancora più pericolosa tenuto conto della giovane età dei protagonisti». Accuse pesanti come macigni, che hanno convinto il giudice per le indagini preliminari a optare per la più severa delle misure cautelari: la custodia in carcere.
La dinamica dell’agguato è stata ricostruita con precisione all’interno delle nove pagine dell’ordinanza eseguita ieri mattina dai poliziotti di via Medina. La sera del 27 dicembre scorso, poco prima delle venti, il 16enne del Borgo Sant’Antonio Abate è stato vittima di un agguato in piazza Carlo III mentre si trovava in compagnia della fidanzata. La ragazzina è uscita indenne dal raid, mentre ad avere la peggio è stato proprio il giovane: i babykiller l’hanno infatti inseguito e, una volta a tiro, l’hanno colpito alle spalle. Ferito al braccio la vittima designata, che nelle ore successive è stata poi sottoposta a un delicato intervento chirurgico all’ospedale Pellegrini. Nonostante l’atteggiamento omertoso tenuto dal 16enne nelle prime battute, gli investigatori della Mobile non hanno mollato la presa e nel giro di pochi mesi sono riusciti a risolvere il caso.
La svolta è arrivata grazie alle intercettazioni ambientali effettuate in ospedale e all’acquisizione di alcune chat. Proprio sui social si è infatti acceso lo scontro, con il 16enne che a più riprese avrebbe provocato quelli che poi sarebbero diventati i suoi sicari: «Metti tutti i giorni la stessa cosa… venite a Carlo III… mi devo prendere il Lem da mano scemo?». E ancora: «Ma poi che cosa devi sparare con questo fucile a pompa degli anni 80… caccia l’aria… prendi la mitraglietta a piombini di ferro, ti diverti di più…? Hai capito che se spari tu se ne scappa il braccio?». Dalle parole ai fatti il passo è stato però assai breve.