Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Dopo la piazza «Venere» sarà custodita in una chiesa E l’arcivescovo Battaglia pensa a Simone tra le guide Inaugurata l’opera di Pistoletto. Per tre mesi davanti al Municipio
NAPOLI Un simbolo di resistenza, di speranza e di rinascita. La nuova Venere degli Stracci diventa portatrice di un messaggio che guarda al futuro e allunga il suo sguardo su Simone Isaia, il clochard che diede fuoco alla precedente installazione dell’opera. Lo evoca Michelangelo Pistoletto, il sindaco Manfredi, don Antonio Loffredo. È lui il grande assente di una giornata che riporta in piazza Municipio l’opera, dono dello stesso Pistoletto alla città.
Il crowdfunding
Dunque i soldi raccolti con l’iniziativa di crowdfunding promossa per riportare la Venere in piazza Municipio sono stati destinati, sentito lo stesso Pistoletto, a due associazioni con finalità differenti. Una è «La scintilla» — «un nome evocativo» dice il maestro ricordando il rogo che ha divorato la sua Venere — che opera a sostegno delle persone affette da disabilità; l’altra è la cooperativa sociale «Lazzarelle», impegnata nel reinserimento nella società delle donne detenute. Lo racconta Antonio Roberto Lucidi di “Altra
Napoli” che aveva promosso la raccolta per riportare la Venere in piazza.
La chiesa
L’opera resterà in piazza Municipio per tre mesi e mezzo, quindi avrà una collocazione diversa e definitiva. Il sindaco Gaetano Manfredi racconta di aver parlato con don Mimmo
Battaglia e padre Antonio Loffredo e dunque la Venere sarà parte dell’allestimento permanente della chiesa di San Pietro ad Aram, al corso Umberto.
L’arcivescovo ha colto il senso della provocazione e l’opera «sarà custodita in un luogo sacro — racconta padre Loffredo —. Una provocazione che ha in sé un monito, per ricordare che il mondo è pieno di straccioni che vanno accolti. E che le nostre chiese devono essere sempre aperte. Il sogno dell’arcivescovo è quello di rendere fruibili i molti spazi sacri che sono chiusi da troppo tempo, senza prevedere di staccare i biglietti, con la collaborazione dei nostri ragazzi. Da Natale le chiese saranno tutte aperte e vorremmo coinvolgere anche Simone Isaia. San Pietro ad Aram è la nostra scelta nel segno di una delocalizzazione oltre il centro storico e sarà intitolata “Cattedrale della Carità”. In quel luogo ci sono stracci fuori e dentro e Pistoletto l’ha già visitata».
Insomma, una divinità pagana in un tempio della cristianità che per la prima volta lascia spazio all’arte contemporanea. La portata di questa rivoluzione è sottolineata da Vincenzo Trione — consigliere del sindaco e curatore di Napoli contemporanea — che ha voluto sgomberare subito il campo dagli equivoci: «L’opera è un dono di Pistoletto alla città. Il Comune da parte sua sosterrà solo i costi di guardiania h24. La nuova Venere è sorretta dal relitto sopravvissuto all’incendio — ricorda — e risorge dalle sue ceneri. È
«Assicuratevi che io v’amo infinitamente e divido con voi tutto il dolore dei vostri travagli. Seguite a far petto forte contro la fortuna, comandatemi e credetemi sempre vostro affezionatissimo cugino e amico G. Leopardi».
Così il grande recanatese scriveva a suo cugino, il marchese Giuseppe Melchiorri, il 22 dicembre del 1824 («Caro Peppino», è l’incipit affettuoso della missiva). La lettera va ora ad aggiungersi al corpus delle carte leopardiane della Biblioteca Nazionale di Napoli, che se l’è aggiudicata all’asta. Il tono informale testimonia una lunga consuetudine tra i due corrispondenti, che si scrivevano già da due anni ed erano legati da amicizia e parentela. Del resto, la Nazionale di Napoli aveva già acquisito una precedente lettera indirizzata sempre a Melchiorri. In questa direzione Napoli sta cercando di completare il cospicuo fondo leopardiano, che comprende autografi e opere a stampa: proprio il patrimonio delle lettere è quello che mostra ancora qualche lacuna e che il nuovo documento contribuisce a colmare.
L’acquisizione è avvenuta grazie alla segnalazione della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Lazio e all’esercizio del diritto di prelazione da parte del Ministero della Cultura e per un importo di 8500 euro. «È una notizia di grande rilievo. Il documento ci permette di conoscere meglio la vita e il pensiero di uno dei più grandi poeti della nostra storia», ha affermato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.
La lettera, di carattere prevalentemente privato, offre però nuovi spunti di studio sulla vita e l’opera del poeta. Leopardi parla della nascita di un componimento mai dato alle stampe, «una edizioncina elegante – si legge nel testo – dei Caratteri di Teofrasto tradotti dal greco in puro e buono italiano», testimonianza dell’interesse filologico di Leopardi per la realizzazione di una edizione del testo greco che consentisse la più corretta traduzione di un libro poco conosciuto.
Ma chi era Giuseppe Melchiorri? Figlio di una sorella di Monaldo Leopardi, frequentava gli ambienti culturali romani, era amico di Canova nonché di alti prelati e diplomatici. I due cugini intrattennero per un decennio una fitta corrispondenza, che evidenzia un profondo affetto e interessi intellettuali comuni. Tra i temi trattati da Leopardi nelle sue lettere, una critica accesa del mondo della letteratura italiana, ritenuta accademica e superata. Anche nella precedente lettera, datata 29 agosto 1823, si alternano argomenti personali a quelli filologici, per esempio una riflessione sulla collezione dei classici latini edita da Pomba, a Torino. In ambito più intimo, le riflessioni sulle amicizie, «che non si dovrebbero mai stringere, o strette che fossero non si dovrebbero mai rompere». Dettagli che contribuiscono a delineare la complessa fisionomia del poeta e che rendono sempre più autorevole la Biblioteca Nazionale di Napoli, terza tra le più importanti biblioteche d’Italia dopo Roma e Firenze. La struttura di Palazzo Reale conserva un patrimonio librario di quasi due milioni di volumi, circa 20.000 manoscritti, più di 8.000 periodici, 4.500 incunaboli e 1.800 papiri ercolanensi. Un luogo adatto a tutelare la memoria del più amato poeta italiano.
La Biblioteca Nazionale di Napoli acquisisce una lettera del Recanatese al cugino, al quale scriveva di cose personali e letterarie