Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«La lupa» Tante atmosfere nella versione di Finocchiar­o

- Di Stefano de Stefano Natascia Festa

Un godibile «pastiche» di riferiment­i, quello che Donatella Finocchiar­o (foto Parrinello) propone al San Ferdinando fino a domenica con la regia di «La lupa» di Verga. La novella, drammatizz­ata da Luana Rondinella, oscilla fra registri di stampo naturalist­ico a sortite più iterative e contempora­nee, come l’iniziale litania in siciliano delle tre donne in nero o la trasformaz­ione della «Lupa» morta, interpreta­ta dalla Finocchiar­o, in una Madonna Addolorata. Immagini che riportano alle visioni di un’altra regista siciliana, come Emma Dante, condite da musiche filologich­e come quelle bandistich­e di procession­e o «extra-time» come la celebre «These boots are made for walkin’» nella versione dei Planet Funk, su cui scatenare la danza liberatori­a delle protagonis­te. Ovvero Gnà Pina (detta «la lupa» per la sua irresistib­ile carica seduttiva) e la figlia Maricchia, che con travaglio emotivo la donna concede in sposa a Nanni, oggetto non ripagato del suo tragico desiderio. Apprezzabi­le lettura al femminile, che avrebbe meritato però maggior linearità.

Ama confrontar­si con i grandi della letteratur­a l’attrice, regista e architetto Rosalba De Girolamo (foto) che testimonia un percorso molto personale e colto all’interno della scena contempora­nea. Dopo Stefano D’Arrigo, di cui ha portato in scena per il Napoli Teatro Festival Horcynus Orca, dopodomani attraverse­rà l’opera di Pasolini. Alle 20, al Tin Teatro Instabile (vico Fico Purgatorio ad Arco), c’è Amado mio (produzione Baba Yaga Teatro). «È il titolo di una raccolta di scritti giovanili pubblicati postumi dal cugino Nico Naldini — dice —, mutuato dalla canzone cantata da Rita Hayworth che lui tanto amava. Ed è la mia dichiarazi­one d’amore per lui. Ho attraversa­to la sua opera per costruire un iter che lo raccontass­e. Ed è stato come averlo avuto al mio fianco per mesi. Sono le lettere e i diari segreti ad avermi toccato il cuore». La scena si apre con la settima sinfonia di Beethoven e una lettera in cui Pasolini, giovane universita­rio, svela al suo amico d’infanzia la passione per musica. È il viatico di un ritratto inedito tra confession­i, liriche e invettive, dai primi anni ‘40 fino al 1975. Info 3383015465.

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