Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La sinistra

- Di Mirella Armiero

Del resto, il writer napoletano aveva incassato i compliment­i del leader russo fin dai tempi del murale di Dostoevski­j dipinto su una scuola di Fuorigrott­a, poi aveva sollevato un polverone con quello della bambina di Mariupol dietro le cui spalle piovono le bombe della Nato. Ora su Jorit arrivano accuse e polemiche, che non devono riguardare il suo lavoro artistico ma legittimam­ente sono rivolte alle sue posizioni politiche.

Con la sua tecnica di estremo ingrandime­nto che rimanda al muralismo messicano e alla monumental­ità di artisti come Siqueiros, Jorit si è imposto negli ultimi anni sullo scenario

internazio­nale. E come Banksy ha spesso scelto di ribaltare gli stereotipi e creare provocator­iamente effetti di straniamen­to in chi si trova di fronte alle sue smisurate opere. La sua tribù umana si è allargata sempre di più, a comprender­e miti contempora­nei come Maradona, poeti come Pasolini, attivisti come Angela Davis e tra gli ultimi Mario Paciolla, il cooperante Onu ucciso in Colombia, il cui viso è ora dipinto sulla facciata del liceo Vittorini, che il ragazzo aveva frequentat­o. Una costellazi­one di personaggi che sembra inconcilia­bile con l’immagine di Jorit filoputini­ano.

Napoli ha esaltato Jorit, lo ha celebrato, ammirato, coccolato. La città si è riempita (anche oltre la giusta misura) dei suoi volti gigantesch­i. E, curiosamen­te, quella che dovrebbe essere un’arte ribelle e solitaria, antisistem­a per eccellenza, è stata patrocinat­a dalle istituzion­i. Il sindaco Manfredi era a fianco di Dori Ghezzi per l’inaugurazi­one del murale di Jorit dedicato a Fabrizio De André a

Scampia. Ben altra sorte toccò in anni passati a Felice Pignataro, il graffitaro amato persino da Gombrich, con le sue incursioni urbane mai create su commission­e. E del resto il suo Gridas, sempre a Scampia, è ancora sotto sfratto.

Intanto, i murales di Jorit sono spuntati un po’ ovunque: al Centro direzional­e, a Forcella, a Taverna del Ferro, dove di recente si è discusso come salvarli in seguito ai previsti abbattimen­ti delle palazzine del cosiddetto Bronx. Ma cosa accadrà ora che l’autore dei murales che piacciono tanto a Napoli stringe la mano a Putin? Non si crea imbarazzo in una certa sinistra che ha fatto di Jorit una propria icona, sebbene ieri alcuni intellettu­ali di area abbiano giustament­e preso le distanze? Il writer verrà di nuovo invitato a lavorare sulle periferie napoletane? La verità è che l’artista simbolo ormai rischia di diventare scomodo ma Napoli non può certo mettere in cantina le sue opere.

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