Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Francesco Pignatelli Fu borbonico, rivoluzion­ario e di nuovo fedele alle Due Sicilie

- Di Antonio Sacco

Accademia Finlandese a Roma, sarà un’occasione per conoscere «i parametri della cultura materiale femminile a Pompei, il mundus muliebris». «Mentre le strutture architetto­niche e le decorazion­i parietali - si legge - tendono a riflettere ideali normativi, statici e spesso maschili della rappresent­azione dello status sociale ed economico, i contesti di oggetti mobili conservano evidenze su usi momentanei, flessibili di attività ambientate nelle stanze» spesso femminili.

Ferdinando, Mario e Vincenzo e insieme issarono il tricolore della Repubblica (blu, giallo e rosso). La riunificaz­ione dura poco, perché Francesco, promosso generale di brigata, dopo aver avuto il comando della fortezza dell’Ovo, viene mandato a combattere su altri campi di battaglia, mentre Mario e Ferdinando, caduta dopo qualche mese la Repubblica, vengono giustiziat­i. Il 28 novembre 1801 Pignatelli rientrò a Napoli e, sorvegliat­o dalla polizia borbonica, si ritirò dall’attività militare. Rientrato in possesso del patrimonio e dei titoli, si dedicò all’amministra­zione dei feudi di Strongoli e Melissa che aveva ereditato per la morte dei fratelli maggiori. Il 23 ottobre 1802 sposò Maria Giuseppa de Zelada dalla quale ebbe dieci figli e con cui visse nel palazzo della Riviera di Chiaia in cui tuttora vivono discendent­i della famiglia Pignatelli di Strongoli. Salito sul trono Giuseppe Bonaparte, rientrò nel servizio attivo come generale di brigata e fu nominato comandante della provincia di Basilicata, quindi scudiere reale. Dal 14 novembre 1806 al 14 marzo 1807 il re lo inviò a Varsavia per porgere a Napoleone le sue congratula­zioni per la vittoriosa battaglia di Jena. In quest’occasione, il 10 marzo 1807 l’imperatore gli conferì la Legion d’onore. Sotto il nuovo sovrano Gioacchino Murat, Pignatelli nell’ottobre del 1808 si distinse per il contributo dato nella presa di Capri. Il successo militare gli procurò, il 21 ottobre 1808, il grado di generale di divisione e la promozione ad aiutante di campo del re. Ma i rapporti con Murat non furono idilliaci per via del comportame­nto di Pignatelli poco incline all’adulazione. Nel marzo 1815, durante la campagna contro l’Austria, pur non condividen­do l’opportunit­à della guerra, comandò la divisione di fanteria della guardia reale, ma il 21 maggio ritornò a Napoli dopo avere consegnato la piazzafort­e di Capua. Con la seconda restaurazi­one, il 10 luglio 1815 chiese e gli fu concesso il ritiro dal servizio. Lasciato l’esercito, si dedicò al patrimonio e agli studi.

Scoppiata la rivoluzion­e nel luglio del 1820, propose di concedere la costituzio­ne spagnola. Rientrato in servizio, gli fu affidata la 4a divisione militare cui spettava il controllo della provincia di Salerno e della Basilicata. Restaurata la monarchia assoluta, il 24 aprile 1821 fu congedato, gli fu risparmiat­o l’esilio e tornò agli affari e agli studi. Salito al

Alla Riviera di Chiaia c’è il palazzo in cui visse con moglie e dieci figli

trono Ferdinando II, nel febbraio 1831 cercò con altri ex generali di indurlo a modernizza­re lo Stato. Nei primi mesi del 1848 fu tra i firmatari della richiesta di Costituzio­ne al sovrano e sostenne il disegno costituzio­nale di Francesco Paolo Bozzelli: il 29 marzo ricevette l’incarico di formare il nuovo governo. Tuttavia non riuscì a dirimere i contrasti tra moderati e radicali e rassegnò il mandato. Nominato il 15 luglio nella Camera dei pari, partecipò attivament­e a diverse sessioni e il 6 marzo 1849 svolse un’interpella­nza parlamenta­re sullo stato delle Calabrie, ma il 10 marzo la Camera fu sciolta. Deluso, si ritirò definitiva­mente a vita privata e morì a Napoli il 27 aprile 1853.

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Arte e potere La distruzion­e dell’albero della libertà a Largo di Palazzo di Saverio Della Gatta (attivo nel Napoletano dal 1777 al 1827)

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