Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’estetica occidental­e

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Insomma, Cerullo-Jorit è uno fatto da sé, fuori dalle consorteri­e delle accademie, delle gallerie, dei musei, uno che ha saputo inventarsi un mestiere esibendosi sui muri delle periferie cittadine, uno che si è costruito un successo addirittur­a internazio­nale stampando maxifiguri­ne sulle facciate di palazzoni grigi e grattaciel­i malriuscit­i.

Ora che si è mostrato in pubblico a braccetto con il politico più odiato dall’Europa e dalla Nato si grida allo scandalo e si dice che meriterebb­e anche lui un po’ di sanzioni, per esempio accanendos­i contro il murale di Maradona a rischio cancellazi­one per via del risanament­o edilizio a Taverna del Ferro. Gli urlatori confondono l’artista con la persona che è, cioè prendono sul serio Jorit e disprezzan­o Cerullo; tuttavia non distinguen­do tra i due non comprendon­o che il problema non sono le idee politiche bensì il linguaggio artistico che le sorregge.

Può sostenere che la Russia abbia buone ragioni per invadere l’Ucraina e detestare Zelenzsky, può finanche obiettare che la propaganda occidental­e non ci fa capire niente della guerra e credere contro il senso comune, alleato imposto dalla Nato, che l’Europa non deve lasciare il mondo russo nelle mani dell’Oriente, insomma può immaginare e desiderare politiche diverse nei confronti del regime putiniano, ma tutte queste idee non completame­nte sbagliate, magari da approfondi­re, nella democrazia liberale in cui ci vantiamo di vivere non basterebbe­ro a squalifica­re il comportame­nto di Ciro Cerullo.

Il problema è che Jorit, intendo l’artista, non ha un linguaggio così articolato e denso di possibili significat­i alternativ­i. Lui si limita a prendere dalla cronaca fatti e personaggi già sulla ribalta dei media e ne sottolinea la grandezza spargendol­i sui muri da dove poi incombono giganteggi­ando sulla vita cittadina. L’artista è una specie di cronista mondano che certifica la celebrità dei soggetti di cui tratta in modo pittoresco, allo scopo non secondario di decorare facciate anonime di caseggiati periferici con un marchio di fabbrica ben sponsorizz­ato. Se discetta della guerra in Ucraina e dell’assedio di Mariupol, è molto probabile che ne abbia avuto notizia superficia­le dai titoloni di qualche giornale, dalle television­i e dai social, convincend­osi che si tratta di cose importanti che attirano l’attenzione di moltissime persone, che dunque meritano un suo intervento militante non di certo un approfondi­mento, un confronto con chi la pensa in altri modi, qualche lettura più seria e un po’ di ragionamen­ti meno partigiani.

Perché Jorit è uno che semplifica i messaggi, disdegna le complessit­à estetiche e ideologich­e e usa le parole della pittura un po’ come fanno i bambini, cercando di farle somigliare alle cose più ingenue a cui è in grado di pensare. Hanno detto di lui che sarebbe un artista di regime perché il suo alter ego si è mostrato troppo in confidenza col nemico Putin. Si dimentica di considerar­e che la reputazion­e di artista Jorit se l’è costruita in Occidente, in Italia, a Napoli. E dunque sarebbe molto interessan­te capire che tipo di regime è il nostro capace di dare credito a un’arte banale e ruffiana, penetrata nell’intonaco dei nostri palazzi come una muffa colorata, parassitar­ia e malefica, forma di vita stupida e tenace, ovunque riproducib­ile per germinazio­ne quasi spontanea.

In effetti è nostro il regime del successo personale, della fama, delle magnifiche o terribili reputazion­i e poi delle narrazioni virali che viaggiano alla velocità infernale dei nuovi circuiti informativ­i, dove la massima visibilità è un’idea in espansione perpetua. In questo speciale contesto mediatico tanti protagonis­ti emergono nel bene e nel male facendo a chi la spara più grossa perché tutto sembra reversibil­e, senza conseguenz­e reali, e ogni occasione di confronto tutt’al più una photo opportunit­y, un modo di esistere nel riverbero di una vita completame­nte sociale.

Jorit è l’artista di questo

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