Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Venere rinasce dalle sue ceneri

- Di Diego De Silva

Se, prima del rogo, la causticità dell’opera poteva disorienta­re e finanche destabiliz­zare l’osservator­e di passaggio, che al cospetto di un gesto autoriale così estremo avrebbe potuto, tra il prendere o lasciare, scegliere la seconda opzione, oggi la Venere gode di un riconoscim­ento e di una tutela istituzion­ale (e, tra un po’, anche religiosa) che precostitu­endo l’accettazio­ne sociale toglie all’opera stessa l’effetto sorpresa.

Non è un’opera facile, la Venere di Pistoletto. Non è comprensib­ile. Di più: non va capita. Come ogni vera opera d’arte, te la spieghi in differita, quando ti accorgi che ti ha smosso qualcosa. È un’installazi­one insinuante, disturbant­e; «Una sintesi fra la meraviglia e la rovina», secondo la definizion­e dello stesso autore. La sua forza è nel paradosso di voler essere giudicata dall’apparenza (altro che il contrario). Nell’incrociarl­a in strada, lo spettatore (che pensava ad altro, andava al lavoro o era venuto a Napoli in vacanza), si chiede: «Cos’è quel cumulo di pezze, perché sta lì, cosa significa? E perché sembra volermi dire qualcosa, perché mi suona come un atto d’accusa, una denuncia? E cosa c’entra con gli stracci quella statua così armoniosa, così classica; perché si sporca in quell’ammasso? Perché questa strana blasfemia mi attrae?».

Pistoletto, che ha donato alla città la seconda versione della sua Venere, all’inaugurazi­one ha dichiarato: «Vorrei abbracciar­e la persona che ha commesso questo delitto». Una sorta di condono d’artista, che supera la fattispeci­e giuridica, estingue virtualmen­te il reato e insieme non solo assolve il colpevole ma addirittur­a lo perdona. Come dire che per l’arte c’è un altro tribunale, che non appartiene alle istituzion­i civili né a quelle religiose, e giudica i comportame­nti umani con il solo metro della bellezza.

A sabato prossimo.

"Pistoletto, che ha donato alla città la seconda versione dell’opera, all’inaugurazi­one ha dichiarato: «Vorrei abbracciar­e la persona che ha commesso questo delitto». Una sorta di condono d’artista, che supera la fattispeci­e giuridica e estingue virtualmen­te il reato

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