Corriere del Mezzogiorno (Campania)
In tre per il 1° Premio Thorel «L’undicesima casa», artisti e collettivi in mostra alle Gallerie d’Italia
L’undicesima casa, in astrologia, è la casa della speranza, della progettualità, dell’amicizia. La casa della vitalità collettiva, quella capace di operare trasformazioni, di imprimere una differenza nella vita sociale. Non è un caso, perciò, che proprio «L’undicesima casa» sia diventato il titolo della mostra che celebra la prima edizione del Premio Paul Thorel. In esposizione da oggi, e fino al 5 maggio, al secondo piano delle Gallerie d’Italia.
Nelle splendide sale del museo di Intesa Sanpaolo sono allestite le opere di Clusterduck (collettivo di Tommaso Cappelletti, Silvia Dal Dosso, Francesca Del Bono, Arianna Marini e Noel Nicolaus), Jim C. Nedd e Lina Pallotta, vincitori della selezione che premia il talento italiano nel campo dell’arte contemporanea. Si tratta di opere che gli artisti hanno creato durante un periodo di residenza a Napoli ed esposte per la prima volta grazie a un progetto sostenuto dalla Fondazione Thorel e curato da Sara Dolfi Agostini in partnership con Gallerie d’Italia.
Il percorso espositivo si apre con le fotografie di Lina
Pallotta, beneventana con un lungo curriculum internazionale che immersa nell’universo dei femminielli napoletani immortala, sotto la guida di Loredana Rossi, vicepresidente dell’Associazione transessuali Napoli, storie di riscatto, giustizia ed emancipazione sociale. Le fanno eco le visioni di Jim Nedd (tra l’altro membro di «Toilet Paper», il magazine di Pierpaolo Ferrari e Maurizio Cattelan) che in bilico tra sogno e realtà fotografa un gruppo di giovani napoletani nell’incontro-scontro con una natura primigenia. Nell’ultima sala, i lavori di Clusterduck, giovane gruppo di millennials, che tra ricerca, design e transmedialità, analizza icone e simboli di Internet interrogandosi sui limiti dell’intelligenza artificiale e su quelli delle piattaforme social per ridefinire lo statuto dell’immagine nella società dell’informazione. A partire dalla mappatura della cultura dei meme. Per realizzare, così, immagini surreali e sintetiche, seduttive eppure respingenti, l’ultima resistenza alle dinamiche conformistiche della rete.