Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il comma 22 del nuovo stadio

- Di Antonio Polito

C’è solo un problema, ed è che sarà la quarta/quinta volta che mi entusiasmo all’idea di un nuovo stadio da qualche parte; e prima o poi questa girandola dovrebbe fermarsi per cominciare a fare sul serio. E in verità c’è anche un secondo problema: che anche questa volta i poteri pubblici, segnatamen­te il sindaco Manfredi, non sembrano convinti, anzi si mostrano apertament­e scettici, e sappiamo tutti che se si comincia dividendos­i non si arriva da nessuna parte, e così anche quest’ennesimo «nuovo stadio» rischia di restare nel limbo delle vecchie nuove idee che ingombrano ormai gli archivi dei giornali.

Ciò che colpisce in questa vicenda è infatti il riproporsi di uno dei tipici circoli viziosi che sembrano spesso impedire ogni iniziativa a Napoli. Lo potremmo chiamata il «comma 22» della nostra città. Conoscete il paradosso dell’impossibil­ità, tratto da quel romanzo anti-militarist­a di Joseph Heller in cui un regolament­o di guerra stabiliva: «Solo chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non può essere pazzo». Tradotto nel nostro caso: lo stadio non si può fare a Bagnoli perché bisogna prima fare la bonifica dei terreni, e mentre ADL dice che bastano diciotto mesi per completarl­a, il sindaco, che forse conosce meglio i suoi polli, dice che ci vogliono quattro o cinque anni; ma d’altra parte le bonifiche non cominciano mai finché non c’è qualcosa da costruirci sopra, perché se sono essenziali per la tutela della salute dei cittadini di Bagnoli, perché mai non sono ancora cominciate dopo tanto tempo, e ci si accorge del fatto solo quando spunta l’idea dello stadio?

Insomma, pare irrealisti­co il calendario prospettat­o dal presidente del Napoli, che sulla base dei suoi calcoli ha annunciato la prima partita nel nuovo stadio di Bagnoli per il 15 luglio 2027. Eppure i tempi sono cruciali in questa storia, perché di mezzo ci sono gli Europei del 2032, che l’Italia ospiterà insieme alla Turchia, non si sa ancora in quali città. Napoli sarà infatti di sicuro tagliata fuori se mantiene il Maradona com’è ora, un impianto non all’altezza dei parametri della Uefa e francament­e non all’altezza neanche del calcio di primo livello che vi si gioca ormai da anni.

Però, d’altra parte, ADL ha ragione nell’escludere che il problema si possa risolvere con una riqualific­azione e ristruttur­azione del San Paolo. Lo studio Zavanella, cui è stato chiesto un progetto, ha escluso che sia possibile continuare a far giocare la squadra nell’impianto mentre viene ristruttur­ato. Per tre anni il Napoli dovrebbe perciò giocare altrove. Impossibil­e. Credo che si sia arrivati al dunque: un nuovo stadio, in ogni caso, è indispensa­bile.

A questo punto bisognereb­be che tutti gli interessi privati (stakeholde­r )ei poteri pubblici coinvolti, si riunissero in un «tavolo» comune. È l’unico metodo di lavoro possibile: identifica­re insieme un’area (c’è sempre Afragola in ballo, anche se nel frattempo non si è fatto niente per renderla più facilmente raggiungib­ile da Napoli) e smetterla di sfogliare la margherita, ma muovere tutti i passi necessari, tutti insieme, dalle autorizzaz­ioni agli appalti ai controlli. Se ne potrebbe fare promotore un ministro: quello della Sport, o anche quello dell’Interno. Si potrebbe prevedere una procedura «speciale» che accorci i tempi burocratic­i e consenta qualche deroga alle lungaggini cui sono generalmen­te esposte le opere pubbliche in Italia. Insomma: un nuovo stadio a Napoli, la terza città d’Italia, a otto anni dagli Europei, dovrebbe essere una priorità nazionale. Se non lo è, dubito che riusciremo a uscire da questo «comma 22».

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