Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Pil procapite nell’Ue, la Campania perde ventuno posizioni in vent’anni
Dossier della Svimez: prevista un’accelerazione dell’economia nel 2025. Il calo dell’industria
do al solo mercato domestico. Nel Duemila era 146°, vent’anni dopo, nel 2020, ben 167° tra le regioni dell’Ue. Peggio fanno solo la Calabria e la Sicilia e non è certo una consolazione. Ma sono i numeri non tanto e non solo del passato, quanto del presente e dell’immediato futuro a preoccupare. Svimez stima quest’anno una crescita lentissima, dello 0,75%, dopo che nel 2023 il Pil è salito ancor meno, dello 0,65%. Bisognerà attendere il 2025 per superase pur di un soffio, la soglia dell’1%, attestandosi all’1,10%. Ciò che lascia interdetti e non fa ben sperare è l’analisi dei fattori che spingono in direzione di un incremento del valore aggiunto campano. La componente principale, per lo 0,38% è data dalla spesa delle famiglie, in leggera ripresa anche perché sta finalmente cominciando a calare il costo della vita. Gli investimenti sono oltremodo modesti e pesano per uno striminzito 0,10%, e l’export di conseguenza ha un rilievo frazionale, di appena lo 0,07%. Non a caso, il valore aggiunto dell’industria ha perso il 4,4% nel quadriennio tra il 2019 e il 2022 a livello regionale.
Eppure, la Campania è la regione industrialmente più attrezzata del Mezzogiorno. Conta quasi 65mila aziende, che danno lavoro a poco meno di 316mila persone. E di queste ben 240 fanno parte di multinazionali straniere, presenti soprattutto nella farmaceutica ma anche nelle famose 4A, automotive, agroalimentare, abbigliamento e aeronautica. Ma è sempre più il settore dei servizi a farla da padrona e a spingere un’occupazione, che, stranamente, cresce ben più del Pil, con una percentuale del 3,4%. E’ il terziario, ma non tanto quello più avanzato e innovativo, a tirare, quanto quello tradizionale, fatto, soprattutto a Napoli ma anche a Salerno, di una miriade di bed and breakfast e di ristoranti che danno lavoro a camerieri, portieri, facchini, tutte professionalità scarsamente qualificate. E’ anche la conseguenza della strisciante e inesorabile fuga del capitale umano maggiormente professionalizzato verso mete lavorative più ambite, al Nord e all’estero.
E i numeri che fornisce la Svimez lo confermano: pur se aggregati per l’intero Mezzogiorno, danno la dimensione di una perdita di quasi un milione di persone verso le regioni più sviluppate e di altre 848mila in fuga verso l’estero.
Ciò che colpisce negativamente sono gli andamenti dei flussi turistici nella regione, che coniuga bellezze naturali e architettoniche tali da avere un’elevata potenzialità di attrazione di vacanzieri sia italiani che stranieri. Ebbene, il report Svimez la fotografa addirittura terz’ultima in Italia.
La stagnazione evidente, leggendo i numeri della spesa in conto capitale, preoccupa in modo particolare per due motivi: perché quest’anno e i prossimi due avrebbero dovuto essere il periodo di maggior spinta agli investimenti, dovuta agli interventi del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza.
Se neppure questo massiccio impegno europeo pluriennale riuscirà a far crescere l’economia regionale in modo massiccio e per un periodo medio lungo, bisognerà rassegnarsi ad aumenti del Pil dello zero virgola per un tempo pressoché indefinito. E perché si immaginava che il Superbonus, pur costando tanto all’Erario, desse una spinta notevole alla ripresa non solo dell’edilizia ma anche di tutta la catena di subforniture a monte e valle e invece ciò non è avvenuto e in Campania si è fermata su valori molto modesti, ben inferiori persino alla media italiana.