Corriere del Mezzogiorno (Campania)
BASTA POLEMICHE, LA VENERE È L’AUTOREVOLE FARO DELLA CITTÀ
Capace di «dire all’infinito», di tenere dentro di sé aspetti tragici e insieme sublimi, intercettare ed accendere, come solo una vera opera d’arte è in grado di fare, temi attuali: l’emigrazione, il naufragio, il consumismo, l’emarginazione. La (ri)collocazione della Venere degli Stracci di Pistoletto in Piazza Municipio ha aperto in questi giorni un acceso dibattito tra fautori e oppositori. Per comprendere e riflettere la portata di questa operazione culturale promossa dal Comune di Napoli credo sia necessario volgere lo sguardo indietro partendo dall’attuale e rinnovata conformazione della Piazza e dalle profonde contraddizioni che distinguono la nostra antica città.
Il 13 aprile dello scorso anno, sulle pagine di questo giornale, evidenziai i valori che gli architetti Alvaro Siza ed Eduardo Souto de Moura hanno magistralmente messo in campo con il progetto di questa nuova Piazza; di quell’articolo riprenderò alcuni passaggi a sostegno di una più ampia riflessione. Piazza Municipio concepita dagli architetti portoghesi come l’agorà di Atene del II sec a.C., cioè come grande vuoto urbano in cui sviluppare senso civico e possibilità di aggregazione è oggi una delle piazze più grandi d’Europa. Il vuoto che la sottende ha un carattere transitorio, è simbolo della variazione, del possibile e dell’imprevisto. Il sentimento di horror vacui che ci pervade quando siamo di fronte al suo spazio libero stimola senso di attesa, di desiderio per un nuovo scenario pubblico, occasione per riflettere sui temi stringenti della contemporaneità.
La Venere degli Stracci, opera iconica del Novecento, è metafora della bellezza immobile della tradizione (la Venere) e della transitorietà del contemporaneo (gli stracci). Oggi, a proprio agio in questa grande piazza di pietra, partecipa con leggerezza alla sequenza urbana che parte dalla collina del Vomero con Castel Sant’Elmo, scende ai piedi dei Quartieri Spagnoli con Palazzo San Giacomo, continua con la Fontana del Nettuno, prosegue puntando al mare con il taglio sulla piazza e sul mare si conclude con il volume della Stazione Marittima. Una danza urbana che conferma Piazza Municipio come luogo delle relazioni e la Venere come Opera dialogica.
La scelta per l’opera di Pistoletto, fatta da Vincenzo Trione, curatore del progetto Napoli Contemporanea, sembra in perfetta assonanza con i valori di questa porzione della città, messi in piazza attraverso temi che si declinano sempre con un senso duplice: presente e passato, visibile e celato, sopra e sotto, arrivo e partenza, mare e collina, e ancora, luce naturale e luce artificiale, bianco dell’intonaco e nero della pietra lavica, Municipio e Stazione Marittima. Caratteri dicotomici presenti anche nella Venere degli Stracci ma con le sue declinazioni: rovine e bellezza, imperfezione e sublime, vero e falso, macerie e purezza. Questi elementi, così come quelli messi in campo dalla piazza, proprio perché antitetici sembrano interpretare il carattere autentico di Napoli e dei napoletani, fatto di contraddizioni e di convivenze apparentemente impossibili.
La volontà di ricostruire l’opera dopo il rogo dello scorso luglio è stata una scelta fortemente politica voluta con fermezza dal sindaco Manfredi. Scelta che accende temi quali resistenza, speranza e rinascita, dimostrando di riuscire a tenere insieme dimensione artistica, urbana e sociale con una forza tale da entrare a far parte di un acceso dibattito pubblico e internazionale.