Corriere del Mezzogiorno (Campania)
NAPOLI, L’ESTETICA E IL DECORO NECESSARI
Ec’è da dubitare che nella sua agenda esso riesca a trovare il dovuto spazio per un impegno concreto vòlto a ricreare la bellezza della città oscurata da una miriade di installazioni pubblicitarie, un’infinità di cartelli indicatori e tutto quanto di più diverso è sistemato in strada senza criterio. La questione può apparire di poca importanza, ma non lo è poiché episodi di bruttura non educano certamente i cittadini. L’attenzione all’estetica della città, invece, ne migliora la vivibilità e può avere un riflesso sociale fondamentale, sia come specchio degli abitanti sia come fattore educativo. Non è possibile che, mentre l’Italia ha la pretesa di entrare nel contesto europeo, mentre il mondo del lavoro ha l’obbligo di attenersi a parametri e standard costosi e complessi, mentre il mondo dell’arte si sforza di essere presente nel panorama internazionale, non vi sia contemporaneamente un’adeguata capacità amministrativa di livello e non si compiano tutti gli sforzi necessari per far crescere il grado di civiltà del quotidiano. Esistono, è vero, gruppi di cittadini animati dalla voglia di cambiamento e con il proposito di mettere a disposizione della comunità le proprie competenze. Questa cosiddetta «società civile» ha certamente meriti acquisiti negli anni attraverso l’attività di Comitati e Associazioni che hanno mostrato sempre attenzione alle problematiche cittadine. Lo hanno fatto e lo fanno denunciando costantemente storture, disagi, disservizi e quant’altro, sperando in un ascolto da parte dell’amministrazione comunale mai, però, mostratasi a ciò disponibile. Se a questa «società civile» venisse rimproverato il fatto di voler fare politica, ci sarebbe da obiettare che sì, potrebbe essere vero, ma soltanto se si desse al termine «politica» il significato più ampio e originario: quello di aspirazione a contribuire alla gestione della cosa pubblica. È forse utopistico pensare che tali iniziative, pure lodevoli, possano ripristinare il senso di legalità da tempo perduto e che, da parte dei napoletani, si riesca a superare una quasi storica attitudine all’adattamento. Sarebbe, però, doveroso tentare di fare in modo che i cittadini assumano le proprie responsabilità, anche se è impensabile che una spinta al cambio di rotta non debba provenire da chi ha l’obbligo e il ruolo, a tutti i livelli, di garantire l’ordine colpendo comportamenti impropri. Iniziative del genere si scontrano, purtroppo, con quella che è una sostanziale e tristemente oggettiva difficoltà: superare lo stadio di un movimento di opinione. Per divenire altro e ottenere risposte ed esiti concreti, non è sufficiente il consenso e il coinvolgimento di un numero relativamente alto di persone comunque già «informate». Il problema sta nel riuscire a scuotere non soltanto quella parte rilevante di cittadini che appaiono ignari o sonnecchianti ma, principalmente, quella parte delle istituzioni potenzialmente capace di avvertire la necessità di un cambiamento.