Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«La madre» completa la trilogia di Zeller sulla famiglia
Bed & breakfast che sfrattano i napoletani dal ventre di Napoli; palazzi storici ridotti a involucri di case vacanza, vicoli e bassi diventati alveari intolettati per turisti: il flusso dei mutamenti sotto i nostri occhi viene fermato per la prima volta in film. Anzi un docufilm sulla gentrificazione che sta cambiando il volto del centro. Non è uno sguardo nativo a coglierlo ma quello di Caroline von der Tann, regista nata a Monaco di Baviera, laureata in Studi Sovietici alla London School of Economics che, come due sue zie in altri tempi, ha scelto Napoli e sposato un partenopeo.
«Ricordo la prima volta che venni a Napoli — dice — mi portarono sotto i portici di palazzo d’Angiò, in via dei Tribunali, quando c’erano ancora i pescivendoli e i venditori di frutta invece dei tavolini: ne abbi un’impressione fortissima, sospesa tra Medio Oriente e medioevo. Da allora ho sempre ricercato questa città la cui rappresentazione contemporanea è sbilanciata verso il male, la violenza, la camorra. Che naturalmente c’è, ma esiste anche una forte resistenza di umanità, creatività e spiritualità che non vengono narrate. Ecco l’ho voluto fare io con un film dal vero che è anche una fiaba mistica». Il documentario s’intitola The Gospel according to Ciretta, ha una coproduzione internazionale — Parallelo 41 di Antonella Di Nocera e Lucky Bird Pictures — e domani sarà presentato in anteprima mondiale a Salonicco, nella 26esima edizione del Thessaloniki Documentary Festival, uno dei più importanti dedicati al cinema del reale. Il titolo in italiano è Il Vangelo secondo Ciretta, ovvero secondo un ventenne napoletano, «ricchione» come dice egli stesso senza infingimenti linguistici, con una passione per la Madonna Addolorata e una spiritualità profonda. Non conta se in passato è stato costretto a prostituirsi. Anzi. «Ciro detto Ciretta — continua la regista — vive con Angelo Giordano, un anziano senzatetto nella casateatro di Perzechella e Capitano, una coppia di animatori culturali che durante il lockdown idearono, sulla scorta di San Giuseppe Moscati, il “panaro” solidale calato dal balcone».
Il sogno di Ciretta è commissionare ai bravi artigiani statue a grandezza naturale della Madonna e del Cristo morto con le quali organizzare una grande processione; per questo vende accendini, canta e recita per strada.
Dopo la pandemia, in città arriva la sbornia del turismo: la casa-teatro viene venduta e il nuovo proprietario vuole trasformarla nell’ennesimo B&B. La processione si fa, ma la speculazione immobiliare non conosce santi e madonne... È ci
Arriva a Napoli, dastasera domenica 24 marzo al San Ferdinando, lo spettacolo «La madre» di Florian Zeller, messo in scena dal regista Marcello Cotugno, con protagonisti, nel ruolo di Anna, la madre del titolo, Lunetta Savino e Andrea Renzi (foto) in quello di Pietro, il padre, con Niccolò Ferrero nei panni del nema del reale, non ci sono attori, dunque, ma i veri protagonisti, all’anagrafe: Ciro Granada, Giuseppina Andelora, Angelo Picone e Angelo Giordano. A intercettare questa storia e a portarla a una visione internazionale è stata Di Nocera, la quale con i talenti della costellazione di Parallelo 41 si è presa cura di questo racconto «che si muove in profondità ed altezza, non in orizzontale come la maggior parte delle narrazioni di oggi su Napoli: è un documentario che entra dentro — come già Le cose belle — la verità della città nei suoi aspetti non omologati; noi siamo alla ricerca di contenuti complessi, non facilmente incorniciabili. I nostri film - da Corde nel 2009 passando per il Segreto e fino a La giunta - cercano di restituire sguardi. Con questo film abbiamo accolto quello di Caroline, bavarese e da sempre affascinata da Napoli». Che conclude: «L’antica città mediterranea suscita ora interesse in tutto il mondo, essendo lo scenario di una serie di blockbuster di grande successo nel cinema e nella letteratura. In parte paradiso, in parte inferno, attraente e ripugnante allo stesso tempo, è il palcoscenico ideale per il dramma umano che si inscena quotidianamente. Tra le strade secondarie e nei bassi del centro storico della città, si susseguono infatti momenti cinematografici accuratamente costruiti che giocano con la luce e l’ombra, il divino e il profano».