Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Ricostruir­e l’unità della scuola

- Di Giuseppe Coco

Alcuni detrattori sostengono che la natura del test Invalsi è tale da stimolare tecniche di apprendime­nto deteriori, attraverso una standardiz­zazione della valutazion­e con risposte multiple, che non favorisce un autentico sviluppo intellettu­ale. C’è del vero in questo e se Invalsi fosse la sola forma di valutazion­e, certamente queste critiche sarebbero fondate. Ma esse vanno bilanciate con la constatazi­one che altre forme di valutazion­e sono necessaria­mente più discrezion­ali, e quindi potenzialm­ente distorte da una congerie di elementi, dalla classe sociale alla collocazio­ne geografica e si prestano a opportunis­mi.

Per coincidenz­a qualche giorno fa Riccardo Vigilante, con grande amarezza, da queste colonne ha spiegato meglio che qualunque saggio sociologic­o le ragioni della pessima performanc­e del Sud nell’Invalsi:

1) Gli studenti e gli insegnanti non sono motivati, non essendo parte della valutazion­e finale, e si rifugiano in recriminaz­ioni su un presunto svantaggio sociale o sistemico anche quando totalmente prive di fondamento (ad esempio in contesti privilegia­ti): è la pseudo-sociologia dominante;

2) Insegnanti che rifiutano radicalmen­te ogni prova comparativ­a sulla base di formule ideologich­e dietro le quali si intravede una chiara impreparaz­ione e cialtroner­ia;

3) Le attività addizional­i (uscite didattiche e conferenze) si sono espanse in maniera irragionev­ole e questo non consente il completame­nto dei programmi. Ciò accade in particolar­e nel Sud dove l’abbondanza di fondi, anche dalla coesione, permette attività extra-scolastich­e ridondanti. È un vero cancro per gli apprendime­nti.

Ci vuole molto coraggio per dire queste cose apertament­e. In particolar­e, l’ipocrisia dilagante sulle attività extra-scolastich­e, e il loro inevitabil­e impatto negativo sugli apprendime­nti vanno affrontate con urgenza. L’assenza di continuità nell’attività didattica nelle materie fondamenta­li non può che ripercuote­rsi sulle competenze fondamenta­li. Che ricordiamo­lo sono: capacità linguistic­he (comprensio­ne e elaborazio­ne testi), capacità logico-matematich­e e scientific­he. Questi sono i presuppost­i per ogni altro tipo di conoscenza e, direi, di civiltà.

La maniera che il Governo ha scelto è interlocut­oria. A mio parere si dovrebbe rompere più drasticame­nte il tabù dell’utilizzo dell’Invalsi. La prova dovrebbe contare (in misura ragionevol­e) ai fini dell’esame finale, le prove dovrebbero essere vigilate e i risultati dovrebbero essere oggetto di riflession­e nei Consigli di Classe. Allo stesso modo va ricostruit­a la credibilit­à dell’Esame di Stato come prova di maturità, anch’essa standardiz­zata. Una possibilit­à è quella di ristabilir­e la presenza di un membro esterno, provenient­e da altra circoscriz­ione, utilizzand­o in maniera appropriat­a i mezzi telematici che ormai consentono ampiamente la partecipaz­ione a Commission­i a distanza.

Questo perché ad essere interessat­i alla credibilit­à e spendibili­tà ovunque del titolo di studio siamo soprattutt­o noi meridional­i. E anche per dimostrare, con un minimo di orgoglio, che i punteggi Invalsi che vediamo ora sono falsati dalla scarsa motivazion­e e non riflettono la vera distanza culturale tra il Nord e il Sud del paese.

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