Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ricostruire l’unità della scuola
Alcuni detrattori sostengono che la natura del test Invalsi è tale da stimolare tecniche di apprendimento deteriori, attraverso una standardizzazione della valutazione con risposte multiple, che non favorisce un autentico sviluppo intellettuale. C’è del vero in questo e se Invalsi fosse la sola forma di valutazione, certamente queste critiche sarebbero fondate. Ma esse vanno bilanciate con la constatazione che altre forme di valutazione sono necessariamente più discrezionali, e quindi potenzialmente distorte da una congerie di elementi, dalla classe sociale alla collocazione geografica e si prestano a opportunismi.
Per coincidenza qualche giorno fa Riccardo Vigilante, con grande amarezza, da queste colonne ha spiegato meglio che qualunque saggio sociologico le ragioni della pessima performance del Sud nell’Invalsi:
1) Gli studenti e gli insegnanti non sono motivati, non essendo parte della valutazione finale, e si rifugiano in recriminazioni su un presunto svantaggio sociale o sistemico anche quando totalmente prive di fondamento (ad esempio in contesti privilegiati): è la pseudo-sociologia dominante;
2) Insegnanti che rifiutano radicalmente ogni prova comparativa sulla base di formule ideologiche dietro le quali si intravede una chiara impreparazione e cialtroneria;
3) Le attività addizionali (uscite didattiche e conferenze) si sono espanse in maniera irragionevole e questo non consente il completamento dei programmi. Ciò accade in particolare nel Sud dove l’abbondanza di fondi, anche dalla coesione, permette attività extra-scolastiche ridondanti. È un vero cancro per gli apprendimenti.
Ci vuole molto coraggio per dire queste cose apertamente. In particolare, l’ipocrisia dilagante sulle attività extra-scolastiche, e il loro inevitabile impatto negativo sugli apprendimenti vanno affrontate con urgenza. L’assenza di continuità nell’attività didattica nelle materie fondamentali non può che ripercuotersi sulle competenze fondamentali. Che ricordiamolo sono: capacità linguistiche (comprensione e elaborazione testi), capacità logico-matematiche e scientifiche. Questi sono i presupposti per ogni altro tipo di conoscenza e, direi, di civiltà.
La maniera che il Governo ha scelto è interlocutoria. A mio parere si dovrebbe rompere più drasticamente il tabù dell’utilizzo dell’Invalsi. La prova dovrebbe contare (in misura ragionevole) ai fini dell’esame finale, le prove dovrebbero essere vigilate e i risultati dovrebbero essere oggetto di riflessione nei Consigli di Classe. Allo stesso modo va ricostruita la credibilità dell’Esame di Stato come prova di maturità, anch’essa standardizzata. Una possibilità è quella di ristabilire la presenza di un membro esterno, proveniente da altra circoscrizione, utilizzando in maniera appropriata i mezzi telematici che ormai consentono ampiamente la partecipazione a Commissioni a distanza.
Questo perché ad essere interessati alla credibilità e spendibilità ovunque del titolo di studio siamo soprattutto noi meridionali. E anche per dimostrare, con un minimo di orgoglio, che i punteggi Invalsi che vediamo ora sono falsati dalla scarsa motivazione e non riflettono la vera distanza culturale tra il Nord e il Sud del paese.