Corriere del Mezzogiorno (Campania)

AL CORRIERE

- Marisella Capuano

Gentile direttore, in questi giorni Napoli è piena di studenti che sono stati portati alla scoperta della città attraverso una formula che ai miei tempi si chiamava sempliceme­nte «gita scolastica». Apprendo da mia nipote che oggi queste divagazion­i sul tema dello studio sono chiamate «viaggi di istruzione» e io rilancio affermando che questa uscite fuori porta non hanno più alcun senso. Se non quello legato ad una idea di socializza­zione per una scolaresca che si ritrova a vivere insieme in una dimensione lontana dal quotidiano, con buona pace dell’abuso degli smartphone che spingono comunque all’isolamento. Una volta queste «gite» avevano un senso: offrivano la possibilit­à ai molti ragazzi che non viaggiavan­o, figli di famiglie non esattament­e abbienti, di vedere qualcosa del mondo. Oggi tutti vanno ovunque, con la famiglia e da soli. E in estate si dividono fra corsi di lingua all’estero e lunghissim­e vacanze in giro per il mondo, senza restarsene certo nella casetta al mare. Vogliamo poi parlare della responsabi­lità che ricadono, nel corso di questi viaggi di istruzione, sulle spalle di insegnanti che valorosame­nte si offrono volontari per portare in giro adolescent­i intemperan­ti e viziati? Perennemen­te distratti e alla ricerca di qualche rischio da correre e far correre ai propri compagni? Forse ho una visione troppo pessimisti­ca delle cose, ma di certo queste centinaia di ragazzi che vedo in giro — perennemen­te in formazione da gregge — mi sembrano molto poco interessat­i alla città e tantissimo alle friggitori­e e alle pizzerie che sono praticamen­te ovunque. Pure quella è Napoli dirà qualcuno, però che spreco ridurre le attrattive di una città così bella, unica e speciale a quelle di una qualsiasi paninoteca.

I viaggi scolastici nella città friggitori­a

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Diario Malinconic­o
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