Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Crescono gli occupati nel Mezzogiorno L’economia della conoscenza assume
Analisi dei dati Istat con il professor Del Conte: parliamo di un mondo del lavoro qualificato
In settimana sono usciti i dati Istat sull’occupazione che hanno mostrato come nel quarto trimestre del 2023 l’aumento registrato nel Mezzogiorno (rispetto allo stesso periodo del 2022) sia stato più marcato (2%) rispetto al centro e al nord (1%). E’ un paradosso se si considera che, come ha certificato la Svimez, la crescita economica del Mezzogiorno è nel suo complesso molto lenta se confrontata a quella del resto del Paese.
L’attenzione generale, però, si è soffermata sul fatto che in termini assoluti permane l’enorme gap di 21 punti percentuali nel tasso di occupati tra Nord e Sud. Il che è vero, ma vale anche la pena domandarsi in quali aree e in quali settori i lavoratori crescono di più nel Mezzogiorno. Così, abbiamo chiesto all’Istat un approfondimento sui dati e al professor Maurizio Del Conte, che oltre a insegnare diritto del Lavoro all’Università Bocconi, è stato presidente dell’Anpal (l’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro) ed è attualmente alla guida dell’Afol di Milano (agenzia per la formazione e l’orientamento), di fornire una possibile spiegazione del fenomeno.
La sua chiave di lettura è che il Sud sta esprimendo nuove potenzialità occupazionali soprattutto nel settore dei servizi grazie anche a nuovi modelli organizzativi, come il South working ,echeda questo trend si comincia anche un po’ a vedere l’impatto positivo del Pnrr. «Analizzando i dati Istat suddivisi per regioni e per codici Ateco — osserva Del Conte — si vede che l’incremento del lavoro nel Mezzogiorno deriva dai settori dell’industria e del terziario avanzato, mentre i livelli occupazionali sono praticamente fermi in quelli delle costruzioni e dell’agricoltura e sono solo in lieve salita in quello del commercio e turismo». Insomma, non si vede un impatto del superbonus sul lavoro al Sud mentre, al contrario di quanto si potrebbe pensare, il boom turistico non sembra generare un incremento significativo di pobacino sti di lavoro. «La vera crescita di occupati si evidenzia soprattutto nel terziario avanzato, che vuol dire servizi alle imprese, hi tech, informatica. Stiamo parlando di un mondo del lavoro qualificato», prosegue Del Conte. Per quanto in numeri assoluti il trend sia ancora contenuto, è evidente che c’è un aumento costante, trimestre dopo trimestre, di neo assunti, che probabilmente hanno titoli di studio medio-alti.
«È l’economia della conoscenza che sta assumendo — prosegue — facendo leva sul dei talenti e sul fatto che questo è un settore che non ha bisogno di infrastrutture fisiche per svilupparsi quanto di competenze che lavorano collegate in rete. In questo senso il Mezzogiorno risulta essere un luogo ideale per trovare nuove risorse professionali. Non mi sorprenderebbe se scoprissimo che ad aumentare gli organici con dipendenti che continuano a risiedere al Sud fossero soprattutto multinazionali, grandi aziende e società di consulenza, le quali hanno compreso che il settore dei servizi non ha bisogno di un luogo fisico per funzionare ma è delocalizzabile».
Questo fenomeno, per Del Conte, si sta evolvendo di pari passo al consolidamento dell’industria che è l’altro settore a generare occupazione, secondo la classifica dell’Istat. «Non escludo che i due aspetti siano legati, perché se cresce la produzione crescono anche i servizi legati alle imprese e la forza lavoro necessaria». In conclusione, dai dati Istat emerge un segnale di nuova vitalità sul lavoro nel Mezzogiorno su cui forse vale la pena ragionare. Se anche non basterà per colmare il divario di 21 punti con il Nord, può rappresentare una specificità in grado di ribaltare il luogo comune che per creare lavoro al Sud sia necessario investire soprattutto in edilizia e alberghi.