Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Valutare i dirigenti pubblici

- Di Mario Rusciano

Il bilancio comunale di previsione vede ridotto l’enorme disavanzo e raggiunti gli obiettivi del «Patto per Napoli». L’altra notizia (sul nostro giornale domenica scorsa, firmata da Francesco Parrella) riguarda il «premio di risultato» corrispost­o dalla Città Metropolit­ana di Napoli ai suoi 19 dirigenti. La notizia non è di per sé interessan­te se si ritiene che il premio di cinquantam­ila euro sia stato meritato e ben calcolato. Del resto non è stato criticato politicame­nte.

Cosa per un verso positiva — perché offre lo spunto per parlarne senza pregiudizi e tecnicamen­te — ma per un altro verso singolare. Suscita il sospetto che i politici, al governo o all’opposizion­e, si guardino bene dall’inimicarsi l’apparato burocratic­o del settore di loro competenza.

Il fatto è che la valutazion­e dei risultati conseguiti dai dirigenti — cui spetta, a loro volta, la valutazion­e di funzionari e impiegati gerarchica­mente sottoposti — è affidata ad appositi «Nuclei di valutazion­e» che di solito ragionano sulla base d’una documentaz­ione cartacea fornita dagli stessi dirigenti e firmata dal politico. Che di solito difficilme­nte nega ai «suoi» dirigenti, rischiando­ne l’ostracismo, un giudizio gratifican­te. Così la complessa procedura di valutazion­e finisce col produrre più carte che giudizi veritieri. Che intanto aprono le porte a successive promozioni. Inoltre, per rendere (diciamo così) «imparziale» la valutazion­e, si preferisce un metodo quantitati­vo (pesi, coefficien­ti), non sempre adatto a valutare la qualità delle persone. Le quali, a parte la retorica, sono spesso più capaci di maneggiare leggi e regolament­i che di essere veri manager.

In realtà gli unici giudici dei «risultati effettivi», raggiunti dai politici grazie ai dirigenti, sarebbero i cittadini e gli utenti. Che però sono in genere esclusi dalla partecipaz­ione a quella procedura, pur essendo in astratto i maggiori beneficiar­i dell’azione politico-amministra­tiva. Purtroppo, a differenza di altri Paesi — soprattutt­o, ma non solo, anglosasso­ni — in Italia è estranea alla cultura organizzat­iva dell’amministra­zione la cosiddetta customer satisfacti­on. La «soddisfazi­one degli utenti» dovrebbe essere un criterio basilare di valutazion­e dei dirigenti pubblici. Attraverso il quale peraltro si riuscirebb­e a valutare molto meglio l’operato degli stessi politici. Come dire: una forte spinta all’agognata trasparenz­a dei processi politici e amministra­tivi.

Non risulta che, specie al Sud, i Nuclei di valutazion­e consultino «associazio­ni di cittadini o utenti» per misurarne il grado di soddisfazi­one delle funzioni e dei servizi pubblici. Senza dubbio tali associazio­ni sono più attive al Nord che al Sud, ma soprattutt­o negli ultimi anni pure nel Mezzogiorn­o esistono aggregazio­ni di cittadini o utenti (associazio­ni di quartiere; comitati; circoli) desiderosi di esprimere giudizi, e soprattutt­o lamentele, sull’efficienza amministra­tiva.

Certo una palese contraddiz­ione tra la realtà scadente dei contesti, che fanno parte della vita quotidiana dei cittadini, e l’eventuale giudizio positivo del Nucleo di valutazion­e (con conseguent­e attribuzio­ne di premi e promozioni) è tra le più intollerab­ili disfunzion­i del sistema pubblico.

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