Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’Università non ceda più a ignoranti e violenti
Come se questo avesse un qualsiasi rapporto con le contestazioni che sempre più di frequente tentano di cacciare «i sionisti dalle università».
Qui non si tratta infatti di diversità di «opinioni», tutte legittime se sostenute e argomentate. I «fascistelli» che impediscono di parlare non esprimono alcuna opinione, e proprio per questo vogliono vietarne il confronto. Le loro sono «certezze», arroganti perché basate sull’ignoranza. Non conoscono abbastanza la storia per poter sostenere un dibattito, e per questo lo impediscono. Non a caso hanno respinto la proposta di Molinari di un confronto sull’argomento, e persino di poter dire pubblicamente la loro dal microfono e dal palco.
A loro interessava soltanto bandire i «sionisti». Non sanno che il sionismo è nato come un movimento per l’autodeterminazione del popolo ebraico e per rivendicare il suo diritto ad avere una patria, non diversamente dal movimento risorgimentale che ha dato vita all’Italia, o dal «risveglio nazionale» che fece rinascere la Grecia nel XIX secolo, mobilitando le coscienze progressiste di tutt’Europa contro l’imperialismo asburgico e quello ottomano. Non sanno che i leader del movimento sionista al tempo della Prima guerra mondiale era tutti socialisti, come socialista era l’ispirazione dei kibbutz, quella forma di comunità agricola collettiva che è stato un fattore fondamentale dello sviluppo di
Israele. Non sanno che il sionismo è stato un movimento anticoloniale (l’Unione Sovietica fu per questo il primo paese a riconoscere lo Stato di Israele); e che per ottenere uno Stato gli ebrei ha combattuto contro il mandato britannico sulla Palestina fino al limite del ricorso al terrorismo (nel 1946 due valigie esplosive piazzate dai guerriglieri dell’Irgun fecero saltare in aria l’ambasciata britannica di Porta Pia a Roma).
Quando questi ignoranti ripetono lo slogan «Palestina libera dal fiume al mare» (e cioè dal Giordano al Mediterraneo) mostrano di non sapere che lo Stato di Israele che vorrebbero così cancellare dalla faccia della terra è nato nel novembre del 1947 con una risoluzione dell’Assemblea delle Nazioni Unite a maggioranza dei due terzi. E non sanno nemmeno che uno Stato chiamato Palestina su quelle terre non è mai esistito, perché prima l’impero ottomano, poi il colonialismo europeo, e infine gli stessi Stati arabi ne hanno sempre impedito la nascita. Infatti il piano dell’Onu prevedeva due Stati, e disegnava sul territorio compreso tra il Giordano e il mare un’area destinata a uno Stato palestinese; ma immediatamente la Giordania ne occupò la parte al di là del Giordano, e l’Egitto occupò la striscia di Gaza, impedendo così che i palestinesi potessero avere anche loro una patria (come hanno trattato poi in Giordania e in Egitto i palestinesi nei decenni successivi è ancora un’altra storia).
Il «fascismo degli antifascisti» (definizione di Pier Paolo Pasolini), non intende confrontarsi con nessuno perché avrebbe bisogno di sapere tutto questo per poterlo fare. Sapendolo, si può poi condannare con ottime ragioni morali e politiche, e con la massima fermezza, il massacro di civili che Netanyahu sta provocando a Gaza con la sua offensiva militare, e l’espansionismo aggressivo dei coloni ebrei, sostenuti e aiutati dal governo. Ma i riferimenti al «sionismo» o al «genocidio», due parole usate molto a sproposito in questi mesi, richiederebbero una conoscenza che purtroppo gli studi universitari non riescono più a garantire. Prima sapere, poi filosofare.
Il mio secondo distinguo dall’unanime condanna è questo: non si può più accettare che i «fascistelli» impediscano l’accesso alle università a chi intende usarle per la loro funzione principale. A mio parere, e pur comprendendo le ragioni che hanno spinto Molinari a rinunziare al dibattito previsto per evitare tensioni, chi ha diritto a parlare in un ateneo deve pretendere che quel diritto sia esercitato liberamente, senza cedere al ricatto della violenza. Mi domando: che cosa facevano le forze dell’ordine l’altro giorno? Perché non hanno garantito lo svolgimento regolare dell’incontro, passando dall’eccesso dei manganelli di Pisa alla latitanza più totale di Napoli? Perché sta passando il principio che decidono loro, quelli che minacciano, chi deve parlare e chi no? E come può il rettore tollerarlo? Che cosa sta facendo per assicurare che la sua università sia un luogo libero e aperto e tutti, da cui nessuno possa essere cacciato con la forza?