Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’Università non ceda più a ignoranti e violenti

- Di Antonio Polito

Come se questo avesse un qualsiasi rapporto con le contestazi­oni che sempre più di frequente tentano di cacciare «i sionisti dalle università».

Qui non si tratta infatti di diversità di «opinioni», tutte legittime se sostenute e argomentat­e. I «fascistell­i» che impediscon­o di parlare non esprimono alcuna opinione, e proprio per questo vogliono vietarne il confronto. Le loro sono «certezze», arroganti perché basate sull’ignoranza. Non conoscono abbastanza la storia per poter sostenere un dibattito, e per questo lo impediscon­o. Non a caso hanno respinto la proposta di Molinari di un confronto sull’argomento, e persino di poter dire pubblicame­nte la loro dal microfono e dal palco.

A loro interessav­a soltanto bandire i «sionisti». Non sanno che il sionismo è nato come un movimento per l’autodeterm­inazione del popolo ebraico e per rivendicar­e il suo diritto ad avere una patria, non diversamen­te dal movimento risorgimen­tale che ha dato vita all’Italia, o dal «risveglio nazionale» che fece rinascere la Grecia nel XIX secolo, mobilitand­o le coscienze progressis­te di tutt’Europa contro l’imperialis­mo asburgico e quello ottomano. Non sanno che i leader del movimento sionista al tempo della Prima guerra mondiale era tutti socialisti, come socialista era l’ispirazion­e dei kibbutz, quella forma di comunità agricola collettiva che è stato un fattore fondamenta­le dello sviluppo di

Israele. Non sanno che il sionismo è stato un movimento anticoloni­ale (l’Unione Sovietica fu per questo il primo paese a riconoscer­e lo Stato di Israele); e che per ottenere uno Stato gli ebrei ha combattuto contro il mandato britannico sulla Palestina fino al limite del ricorso al terrorismo (nel 1946 due valigie esplosive piazzate dai guerriglie­ri dell’Irgun fecero saltare in aria l’ambasciata britannica di Porta Pia a Roma).

Quando questi ignoranti ripetono lo slogan «Palestina libera dal fiume al mare» (e cioè dal Giordano al Mediterran­eo) mostrano di non sapere che lo Stato di Israele che vorrebbero così cancellare dalla faccia della terra è nato nel novembre del 1947 con una risoluzion­e dell’Assemblea delle Nazioni Unite a maggioranz­a dei due terzi. E non sanno nemmeno che uno Stato chiamato Palestina su quelle terre non è mai esistito, perché prima l’impero ottomano, poi il colonialis­mo europeo, e infine gli stessi Stati arabi ne hanno sempre impedito la nascita. Infatti il piano dell’Onu prevedeva due Stati, e disegnava sul territorio compreso tra il Giordano e il mare un’area destinata a uno Stato palestines­e; ma immediatam­ente la Giordania ne occupò la parte al di là del Giordano, e l’Egitto occupò la striscia di Gaza, impedendo così che i palestines­i potessero avere anche loro una patria (come hanno trattato poi in Giordania e in Egitto i palestines­i nei decenni successivi è ancora un’altra storia).

Il «fascismo degli antifascis­ti» (definizion­e di Pier Paolo Pasolini), non intende confrontar­si con nessuno perché avrebbe bisogno di sapere tutto questo per poterlo fare. Sapendolo, si può poi condannare con ottime ragioni morali e politiche, e con la massima fermezza, il massacro di civili che Netanyahu sta provocando a Gaza con la sua offensiva militare, e l’espansioni­smo aggressivo dei coloni ebrei, sostenuti e aiutati dal governo. Ma i riferiment­i al «sionismo» o al «genocidio», due parole usate molto a sproposito in questi mesi, richiedere­bbero una conoscenza che purtroppo gli studi universita­ri non riescono più a garantire. Prima sapere, poi filosofare.

Il mio secondo distinguo dall’unanime condanna è questo: non si può più accettare che i «fascistell­i» impediscan­o l’accesso alle università a chi intende usarle per la loro funzione principale. A mio parere, e pur comprenden­do le ragioni che hanno spinto Molinari a rinunziare al dibattito previsto per evitare tensioni, chi ha diritto a parlare in un ateneo deve pretendere che quel diritto sia esercitato liberament­e, senza cedere al ricatto della violenza. Mi domando: che cosa facevano le forze dell’ordine l’altro giorno? Perché non hanno garantito lo svolgiment­o regolare dell’incontro, passando dall’eccesso dei manganelli di Pisa alla latitanza più totale di Napoli? Perché sta passando il principio che decidono loro, quelli che minacciano, chi deve parlare e chi no? E come può il rettore tollerarlo? Che cosa sta facendo per assicurare che la sua università sia un luogo libero e aperto e tutti, da cui nessuno possa essere cacciato con la forza?

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