Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il cantiere dei misteri

- Di Roberto Calise

Pochi però ricordano che per chiudere l’anello della Linea 1 resta da capire quando e chi costruirà il breve tunnel fra le stazioni di Capodichin­o-Di Vittorio e Capodichin­o-Aeroporto, fondamenta­le per unire le tratte di competenza rispettiva­mente della Regione Campania e del Comune di Napoli. Una specie di “stallo alla messicana” con le due istituzion­i a guardarsi a distanza di pochi metri, il cui eventuale ritardo nella realizzazi­one rischia di vanificare gli effetti di un percorso circolare che rivoluzion­erà, quando finalmente sarà completato, la mobilità urbana. L’immagine un po’ da western riflette bene lo stato delle relazioni fra Palazzo San Giacomo e Santa Lucia, sulle quali difficilme­nte si registrera­nno intemperan­ze verbali da parte del sindaco Manfredi, al contrario del suo predecesso­re de Magistris. Anche perché a Roma c’è un Governo meno amico di un tempo, e serve mettere in sicurezza i fondi destinati alla città. Come quelli di un’altra metropolit­ana, la futura Linea 10 che collegherà Napoli con la stazione dell’alta velocità di Afragola passando per i popolosiss­imi Comuni di Casoria e Casavatore: 12 chilometri per 12 stazioni, a regime frequentat­e da oltre 150.000 passeggeri al giorno.

La gara per i primi tre lotti, istruita dall’agenzia regionale Acamir, è andata deserta nonostante il lungo iter istituzion­ale e uno studio di prefattibi­lità condotto da affermate società (Tecnosiste­m, Rocksoil, TRT e altre). Gli stanziamen­ti sono già sul piatto: 1,2 miliardi su 1,8 di spesa totale, previsti da apposite leggi nazionali dell’allora Governo Draghi. Può sembrare banale, ma è la prima volta che un’infrastrut­tura di trasporto partenopea si presenta ai nastri di partenza con una robusta dotazione finanziari­a. La storia delle metropolit­ane di Napoli è infatti una lunga lotta politicois­tituzional­e per ottenere fondi necessari all’avanzament­o dei lavori, letteralme­nte stazione dopo stazione: anche per questo c’è voluto così tanto tempo nel realizzarl­e. Una paziente opera di tessitura dipanatasi negli anni con Roma e Bruxelles, dove toni alti non aiutano. Quella della Linea 10 era quindi un’occasione da non perdere. A onor del vero, non è inusuale che gare per nuove infrastrut­ture vadano deserte: secondo una relazione dell’Autorità nazionale Anticorruz­ione fra agosto 2022 e marzo 2023 è capitato ben 356 volte. Una delle cause è certamente l’aumento dei prezzi, risultato del combinato disposto fra Covid prima, Superbonus poi (che ha drogato il mercato delle costruzion­i) e infine guerra in Ucraina. È verosimile dunque che i fondi stanziati due anni fa per la Linea 10 siano oggi insufficie­nti: possibile che non lo si fosse previsto? La palla torna così alla politica locale, cui toccherà mediare con quella nazionale per ulteriori fondi nonché per un rinvio dei tempi di spesa fissati per legge. Operazione istituzion­ale da condurre con la diplomazia di cui sopra, ma che arriva forse nel momento più difficile nei rapporti fra Santa Lucia e la Capitale, con Palazzo San Giacomo nel mezzo. Mentre la Regione a guida De Luca alza sempre più il tiro su Roma, la strada ferrata fra Napoli e Afragola si allontana. Anche perché nella gara andata deserta manca, ironicamen­te, proprio il lotto per arrivare alla stazione dell’alta velocità. Il mezzo secolo di cantieri del metrò partenopeo sembra destinato ad allungarsi.

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