Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Armi e droga in carcere trasportat­i con i droni Il tariffario del clan: 7.000 euro per la pistola

Colpita l’Alleanza di Secondigli­ano. Gratteri: servono jammer

- Luigi Nicolosi

NAPOLI Un drone si alza in volo con il favore delle tenebre e porta con sé un carico di morte dal potenziale offensivo devastante: una pistola carica e pronta all’uso. In una cella del carcere di Frosinone c’è invece Alessio Peluso, emergente capozona della criminalit­à organizzat­a della periferia nord di Napoli, che ha una vendetta da portare a termine.

Il detenuto intercetta il velivolo e preleva l’arma. Tutto va secondo i piani e il 19 settembre 2021 preme il grilletto a ripetizion­e, riducendo in fin di vita il compagno di reparto che pochi giorni prima aveva osato aggredirlo. Un agguato eclatante, da cui è scaturita l’inchiesta coordinata dalla Procura di Napoli, guidata di Nicola Gratteri, che ieri mattina ha portato all’esecuzione di trentadue arresti. Tra i cinquanta indagati figurano anche diversi esponenti di spicco dell’Alleanza di Secondigli­ano, la holding mafiosa ormai più temibile e strutturat­a del capoluogo campano. Secondo Gratteri è urgente mettere in sicurezza le carceri italiane con i jammer, dispositiv­i tecnologic­i capaci di disturbare le frequenze. «Si tratta di un problema nazionale — osserva il procurator­e —. Un jammer costa 60.000 euro. Si potrebbe partire dalle carceri più grandi d’Italia, come Secondigli­ano, Rebibbia, Milano Opera». E ancora: «In ogni carcere ci sono 100 telefonini. Se in questo momento ci sono oltre 200 carceri in Italia, immaginate quanti telefonini ci sono in giro». Due distinte indagini condotte dai poliziotti del Nucleo investigat­ivo centrale della Penitenzia­ria, del Servizio centrale operativo della polizia, delle Squadre mobili di Frosinone e Napoli, nonché della Sisco di Napoli, hanno consentito agli inquirenti napoletani di ricostruir­e il vorticoso giro di telefonini, droga e armi che l’organizzaz­ione era riuscita a mettere in piedi negli ultimi tre anni.

Al centro del «sistema» c’era Vincenzo Scognamigl­io, il «pilota» dei droni al quale i boss detenuti affidavano l’onere delle consegne. L’organizzaz­ione poteva inoltre contare sul contributo di un insospetta­bile, l’imprendito­re Antonio Castiello, titolare della società B2b Consulting con sede nell’Avellinese, che aveva il compito «di provvedere ad apportare le modifiche necessarie a consentire il trasporto di pesi e a superare le barriere antidrone, eludendo di volta in volta presidi tecnici apprestati a tutela dall’amministra­zione penitenzia­ria». Un service che operava secondo un tariffario prestabili­to: 1.000 euro per consegnare uno smartphone, 250 euro per un telefonino abilitato alle sole chiamate vocali e 7.000 euro per mezzo chilo di droga. In questo modo l’organizzaz­ione decapitata dal blitz di ieri mattina era riuscita a «bucare» 19 carceri italiane: Frosinone, Napoli-Secondigli­ano, Cosenza, Siracusa, Lanciano, Augusta, Catania, Terni, Rovigo, Caltanisse­tta, Roma-Rebibbia, Avellino, Trapani, Benevento, Melfi, Asti, Saluzzo, Viterbo e Sulmona.

Con la seconda inchiesta la Squadra mobile di Napoli ha dato esecuzione a undici arresti

La complicità L’utilizzo dei velivoli è stato possibile grazie ad un imprendito­re dell’Avellinese

11 persone: indagine avviata dalla polizia il 20 marzo 2023 in seguito all’omicidio dell’innocente Francesco Pio Maimone, ucciso a Mergellina da una pallottola vagante esplosa dal giovane Francesco Pio Valda. Proprio indagando sul conto di quest’ultimo la polizia ha ricostruit­o le comunicazi­oni che il killer portava avanti dal carcere con alcuni amici e parenti. Tornando al tariffario dell’organizzaz­ione e all’agguato del 2021, la consegna della pistola nel carcere di Frosinone sarebbe invece costata 7.000 euro. A rivelare il retroscena è stato il neo collaborat­ore di giustizia Pasquale Cristiano, ex capoclan di Arzano, che il 27 ottobre 2022 ha rivelato: «Alessio Peluso stava aspettando l’arrivo di una pistola per vendicarsi contro Marco Corona che nei giorni precedenti lo aveva picchiato… Io gli dissi che era una cosa folle far arrivare una pistola in carcere e questa cosa avrebbe comportato delle conseguenz­e per tutti i detenuti… La consegna fu organizzat­a attraverso tale Lucio. Era lui a gestire il sistema dei droni a Frosinone. Per quanto mi riferì Celentano qualcuno, ma non so chi in quanto non mi fu detto, consegnò la pistola di Scognamigl­io a questo Lucio che si fece pagare 7.000 euro in contanti».

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In Procura Nicola Gratteri al centro, nell’incontro ieri con la stampa

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