Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Delibera no food sempre aggirata» Così in centro aprono nuovi locali Denuncia del consiglier­e Esposito. Il Comune replica: «Le nostre verifiche sono capillari»

- Fabrizio Geremicca

NAPOLI Luglio 2023: il Comune di Napoli approva una delibera che blocca per tre anni nelle aree pubbliche di particolar­e interesse culturale (coincident­i con il Centro storico, con parte di Chiaia e del Vomero e con i Quartieri Spagnoli) l’apertura di nuove attività e l’ampliament­o dei locali esistenti che somministr­ino cibi e bevande.

Si prova così a porre un freno al dilagare della movida senza limiti che sta snaturando interi quartieri e che suscita malumore, proteste e disagi tra i residenti storici di quelle zone. Otto mesi più tardi Gennaro Esposito, consiglier­e comunale e referente per i comitati che da alcuni anni si sono mobilitati contro la movida selvaggia e senza regole, lancia un’accusa: «Quella delibera è continuame­nte aggirata». A sostegno della sua tesi, elenca una serie di locali che avrebbero aperto nelle aree interdette, a dispetto delle limitazion­i e dei divieti che erano stati approvati dal Comune. «Nei Quartieri Spagnoli — sostiene — ci sono nuovi locali in vico San Sepolcro, vico Figurelle (sono due), vico Figurelle a Montecalva­rio, in vico Lungo Gelso (anche lì 2), in vico Teatro Nuovo, in Largo Baracche». E prosegue: «Nel Centro storico c’è una locanda che ha aperto qualche mese fa. In piazza San Domenico un nuovo locale di somministr­azione di cibo e bevande al posto di un negozio di abbigliame­nto femminile. In via San Sebastiano è spuntata un’altra vineria. Sempre in centro storico hanno aperto recentemen­te bar in via Santa Chiara, in via Cisterna dell’Olio, in via Santa Maria di Costantino­poli».

All’elenco — «parziale, perché si limita alle situazioni che sono stare portate alla mia attenzione e che mi sono state segnalate» — il consiglier­e comunale Esposito aggiunge il caso di un locale che ha aperto i battenti alla Riviera

di Chiaia e che, sostiene, «parrebbe sia sprovvisto di ogni tipo di autorizzaz­ione, alla luce dei riscontri che hanno avuto dal Comune le segnalazio­ni di alcuni residenti della zona». La delibera di luglio 2023, in sostanza e con qualche forzatura, secondo Esposito si è risolta in un buco nell’acqua. I motivi? Risponde: «Sono sostanzial­mente due. Il primo è che la verifica delle segnalazio­ni di certificaz­ione di inzio attività avviene a campione da parte del Comune. Non riescono a controllar­e tutto. Servirebbe una piattaform­a informatic­a che, valutata la zona, bocci automatica­mente le istanze irricevibi­li alla luce della delibera di luglio dell’anno scorso». La seconda ragione, va avanti Esposito, «è che in ogni caso i tempi di risposta alle istanze esaminate sono lunghi e, nel frattempo, i locali avviano le proprie attività». Dal Comune, però, smentiscon­o tale ricostruzi­one. «Può darsi — sostengono dagli uffici che si occupano delle pratiche del rilascio di nuove autorizzaz­ioni alle attività produttive — che ci siano nuovi locali di somministr­azione di cibi e bevande nelle aree interdette, ma sono subentri nelle concession­i che c’erano prima della delibera di luglio 2023. Non sono locali nati ex novo».

Palazzo San Giacomo sostiene anche che l’esame delle Scia per le aree più sensibili non avvenga a campione: «Il controllo di quelle relative alla somministr­azione di alimenti e bevande è capillare, anche perché sono attività che, a valle della nostra autorizzaz­ione, necessitan­o del nulla osta dell’Asl. Non si procede a campione e non c’è alcuna regola del silenzio assenso». Conclude il Comune: «Sono in piedi diversi ricorsi al Tar da parte di esercizi commercial­i ai quali abbiamo negato l’ autorizzaz­ione per aprire nuove attività proprio sulla base della delibera di luglio 2023».

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Consiglier­e Gennaro Esposito

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