Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Delibera no food sempre aggirata» Così in centro aprono nuovi locali Denuncia del consigliere Esposito. Il Comune replica: «Le nostre verifiche sono capillari»
NAPOLI Luglio 2023: il Comune di Napoli approva una delibera che blocca per tre anni nelle aree pubbliche di particolare interesse culturale (coincidenti con il Centro storico, con parte di Chiaia e del Vomero e con i Quartieri Spagnoli) l’apertura di nuove attività e l’ampliamento dei locali esistenti che somministrino cibi e bevande.
Si prova così a porre un freno al dilagare della movida senza limiti che sta snaturando interi quartieri e che suscita malumore, proteste e disagi tra i residenti storici di quelle zone. Otto mesi più tardi Gennaro Esposito, consigliere comunale e referente per i comitati che da alcuni anni si sono mobilitati contro la movida selvaggia e senza regole, lancia un’accusa: «Quella delibera è continuamente aggirata». A sostegno della sua tesi, elenca una serie di locali che avrebbero aperto nelle aree interdette, a dispetto delle limitazioni e dei divieti che erano stati approvati dal Comune. «Nei Quartieri Spagnoli — sostiene — ci sono nuovi locali in vico San Sepolcro, vico Figurelle (sono due), vico Figurelle a Montecalvario, in vico Lungo Gelso (anche lì 2), in vico Teatro Nuovo, in Largo Baracche». E prosegue: «Nel Centro storico c’è una locanda che ha aperto qualche mese fa. In piazza San Domenico un nuovo locale di somministrazione di cibo e bevande al posto di un negozio di abbigliamento femminile. In via San Sebastiano è spuntata un’altra vineria. Sempre in centro storico hanno aperto recentemente bar in via Santa Chiara, in via Cisterna dell’Olio, in via Santa Maria di Costantinopoli».
All’elenco — «parziale, perché si limita alle situazioni che sono stare portate alla mia attenzione e che mi sono state segnalate» — il consigliere comunale Esposito aggiunge il caso di un locale che ha aperto i battenti alla Riviera
di Chiaia e che, sostiene, «parrebbe sia sprovvisto di ogni tipo di autorizzazione, alla luce dei riscontri che hanno avuto dal Comune le segnalazioni di alcuni residenti della zona». La delibera di luglio 2023, in sostanza e con qualche forzatura, secondo Esposito si è risolta in un buco nell’acqua. I motivi? Risponde: «Sono sostanzialmente due. Il primo è che la verifica delle segnalazioni di certificazione di inzio attività avviene a campione da parte del Comune. Non riescono a controllare tutto. Servirebbe una piattaforma informatica che, valutata la zona, bocci automaticamente le istanze irricevibili alla luce della delibera di luglio dell’anno scorso». La seconda ragione, va avanti Esposito, «è che in ogni caso i tempi di risposta alle istanze esaminate sono lunghi e, nel frattempo, i locali avviano le proprie attività». Dal Comune, però, smentiscono tale ricostruzione. «Può darsi — sostengono dagli uffici che si occupano delle pratiche del rilascio di nuove autorizzazioni alle attività produttive — che ci siano nuovi locali di somministrazione di cibi e bevande nelle aree interdette, ma sono subentri nelle concessioni che c’erano prima della delibera di luglio 2023. Non sono locali nati ex novo».
Palazzo San Giacomo sostiene anche che l’esame delle Scia per le aree più sensibili non avvenga a campione: «Il controllo di quelle relative alla somministrazione di alimenti e bevande è capillare, anche perché sono attività che, a valle della nostra autorizzazione, necessitano del nulla osta dell’Asl. Non si procede a campione e non c’è alcuna regola del silenzio assenso». Conclude il Comune: «Sono in piedi diversi ricorsi al Tar da parte di esercizi commerciali ai quali abbiamo negato l’ autorizzazione per aprire nuove attività proprio sulla base della delibera di luglio 2023».