Corriere del Mezzogiorno (Campania)
BAGNOLI E LA NECESSITÀ DI UNA COMUNITÀ FLEGREA
MSEGUE DALLA PRIMA a rimane un’area straordinariamente ricca di storia, cultura, paesaggi, terre fertili, produzioni tipiche. Questo territorio si configura oggi come un «organismo produttore complesso», fatto di persone e di beni ambientali, di risorse materiali e immateriali.
Il luogo di produzione è fuori le mura delle fabbriche, è il territorio stesso. Ma questo immenso patrimonio non produce ricchezza né benessere sociale commisurati al suo valore. C’è da contrastare il degrado e c’è da valorizzare risorse spesso sconosciute a decisori pubblici che non formano le loro scelte con i saperi di contesto. Serve una maggiore coscienza di luogo.
A contrastare il degrado si adoperano numerose associazioni, imprese sociali e culturali che adottano i problemi, ricercano e praticano soluzioni, ma accade spesso che, pur operando per medesimi scopi di tutela ambientale e inclusione sociale, non si relazionino tra loro. Il contributo apportato da queste energie sociali è innegabile. Lo racconta Marco Molino nel suo libro La notte e la città; con la crudezza di un reporter «scalzo» mette a nudo episodi di crisi e di abbandono e riferisce della generosità dei soggetti che si adoperano per contrastarli.
A Bagnoli e nell’Area Flegrea vive una comunità altrettanto operosa e generosa e, tuttavia, si stenta a portare il valore aggiunto prodotto dall’azione sociale nelle dinamiche di sviluppo e nell’agire ordinario del Sistema Pubblico (Politica e Amministrazione) nel governo del territorio.
Si dirà che questo non accade solo nell’Area Flegrea. È vero, ma in questa zona della metropoli napoletana si avverte maggiormente la contraddizione, perché questo è un sistema territoriale naturale, identificato e secolarizzato anche nei confini della Diocesi di Pozzuoli.
Da diversi anni si coltiva l’idea di corroborarlo con più forti legami tra i suoi attori sociali e istituzionali; tra essi e le peculiari risorse di questa terra. Dal Patto territoriale, al Progetto Integrato Campi Flegrei, alla positiva esperienza di Malazé, i fermenti di comunità sono indubbiamente cresciuti e hanno persino indotto la formazione di enti intercomunali (gli Enti Parco ad esempio), ma con poteri, funzioni e apparati amministrativi ancora insufficienti e, forse, troppo settorializzati.
Una «domanda di comunità» più ampia e integrata è emersa da un ciclo di convegni e seminari promossi dal Circolo Ilva Bagnoli sul tema «Territorio e Comunità. La coesione sociale per lo sviluppo». In questo sodalizio, anch’esso secolare, resiste la saldatura tra sport, solidarietà sociale, cultura del lavoro per lo sviluppo umano. In questo contesto è sembrato naturale proporre la formazione di una Fondazione di Comunità Flegrea. L’intento è di dare un contributo alla evoluzione di questo territorio in distretto sociale di sviluppo, nel filo di culture operative tra i cui padri ricordiamo personalità come Dolci, Sebregondi, De Rita, Bonomi, Borgomeo e tanti altri che sono rimasti troppo tempo inascoltati.
Dopo settant’anni l’intervento straordinario non ha risolto il divario Nord-Sud. Abbiamo capito che lo sviluppo non è solo finanza e tecnicismi astratti. Serve l’apporto del capitale sociale che caratterizza le identità e le vocazioni di sviluppo di ciascuna area del paese. Al Sud come al Nord le differenze sono valori che vanno integrati in politiche nazionali ed europee, non cristallizzati nei loro localismi. Su questi temi il Circolo Ilva ha promosso un nuovo ciclo di incontri «Verso Fondazione di Comunità Flegrea». Uno di questi appuntamenti è oggi intorno al racconto di Marco Molino, per ripartire dal basso, ragionare e lavorare affinché quel che avviene nei microsistemi sociali dei nostri territori sia portato a valore in strategie di sviluppo più solide e durevole nel tempo. Al Sud come al Nord.