Corriere del Mezzogiorno (Campania)
SUL LAVORO ANCHE MORTI VIRTUALI
Ed è un rapporto fatto, da un lato, di costante manutenzione e aggiornamento della macchina stessa che deve essere progettata in funzione dell’interazione con l’uomo; dall’altro di una prevenzione del rischio che non può essere solo affidata ai meccanismi della macchina, ma richiede la profonda preparazione dell’operatore ad utilizzarla. L’orientamento alla sicurezza, insomma, dev’essere un dato costitutivo dell’organizzazione del lavoro, che comprende tanto le caratteristiche degli strumenti di lavoro, quanto le modalità con cui la prestazione dev’essere svolta e la indispensabile formazione del lavoratore. Troppe volte abbiamo visto nelle cause di incidenti mortali sul lavoro perfino nelle aziende più avanzate, al Nord come al Sud, la mancanza anche di uno solo di questi elementi. Un fattore ulteriormente critico è poi dato dal ricorso sempre più generalizzato al lavoro «on demand», fornito a costi compressi, a volte strozzati, da ditte esterne all’impresa committente, per le quali la prevenzione del rischio è spesso affidata alle clausole di un contratto di appalto più che all’effettiva cura delle condizioni di lavoro. È la parola cura che va sottolineata. La cura non è un dato contrattuale, non si riduce all’apposizione di un cartello di pericolo o alla fornitura di un casco, di un guanto, di una scarpa antinfortunistica. La cura è quella del medico col paziente, della madre col bambino, è pre-occupazione: viene cioè prima dell’occupazione, presupposto perciò di ogni prestazione umana richiesta in un contesto organizzato. Le morti sul lavoro si possono fermare perché ci si può formare, imprenditori e dipendenti, manager e operai, laddove formare non si limiti a fornire istruzioni troppo spesso frettolose e sintetizzate su di un opuscolo che metta a posto la pratica, ma consista nel «dare forma» tanto a chi sovraintende quanto a chi opera generando l’abito mentale che la prevenzione del rischio e il valore della vita sono le priorità di ogni produzione. Succede spesso, purtroppo, che manchi il senso del valore di queste priorità sia da una parte che dall’altra. Si muore sul lavoro ogni volta che manchi la cura dell’umano, ridotta all’applicazione formale di una normativa se non alla sua assenza. Accade anche che la morte sul lavoro non sia solo un dato fisico. Si può morire anche da vivi, ogni volta che il lavoro è deprivato di un senso di scopo e degradato a mera passiva esecuzione, e la persona è trattata da macchina umana mentre alle macchine sempre più «intelligenti», capaci di apprendere e di guidare le attività, è riservata la cura. Davanti alle inaccettabili morti sul lavoro dovremmo aprire per tempo gli occhi anche sulle applicazioni della tecnologia e della trasformazione digitale delle aziende, per impedire che alle morti sul lavoro si aggiungano, sempre più numerose, invisibili e prive di cronaca, anche le morti «nel» lavoro.