Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Sorpresa: torna il cineclub
Voglia di cinema, cinema «cult». Film belli, più o meno indipendenti, storie diverse, inaspettate. Perché, sia chiaro, non tutto il cinema d’autore è difficile, noioso, respingente. Perché la gente ha voglia di incontrarsi, di vivere una fruizione condivisa, oppure solitaria. e nonostante l’abbonamento a Netflix ha voglia di pagare e accomodarsi in una sala, anche piccola, piuttosto che sul divano.
Lo confermano gli ultimi dati (Cinetel, 2023), a dispetto delle innumerevoli volte in cui il cinema in sala è stato dato per spacciato, per indicare con chiarezza il desiderio del ritorno al grande schermo. Ed è sull’onda del trend che arriva «La Cineteca di Babele»: il cineclub, non chiamatelo cineforum, ideato da Antonio Andretta, cinefilo di lungo corso che coadiuvato dai critici di rango come Antonio Fiore, Achille Pisanti e Gino Frezza proporrà tutti i mercoledì, alle 18, negli spazi di Magazzini Fotografici (via San Giovanni in Porta, 32), pellicole mai viste o quasi. Una spallata ai blockbuster e all’egemonia seriale? «Diciamo il ritorno a un cinema mai visto», spiega Gino Frezza, ordinario di Sociologia dei pro
Un gruppo di critici ed esperti napoletani fonda «La cineteca di Babele», ospitata ai Magazzini Fotografici del centro storico Una risposta alla dittatura delle piattaforme
cessi culturali e comunicativi presso l’Università degli Studi di Salerno. «Il cinema del passato, insomma, per capire la storia stessa del cinema. Faccio un esempio: nonostante l’enorme mole di documenti in rete, nonostante l’abbondanza di archivi online, ogni giorno sperimento che i giovani, i ventenni di oggi, non sanno nulla della storia del cinema, di capolavori, relativamente recenti, come “Blade Runner” o “Star War”. Ci rendiamo conto? Così, il nostro diventa il tentativo di scambiare, condividere piccole chicche e grandi film altrimenti introvabili». Si parte stasera con «Memoria del subdesarrollo» il film di Tomas Gutiérrez Alea, primo (seguono, «Di Cierta Manera» e «Gli oceani sono i veri continenti») della trilogia «Le conseguenze dell’amore (3 film per Cuba)». «Un film bellissimo» racconta Fiore, che cura la prima mini-rassegna. «Una pellicola che segna il punto di eccellenza della cinematografia cubana degli anni eroici, ma anche il limite oltre il quale era problematico, in certo modo rischioso, avventurarsi. E, infatti, non si andò più in là» (dal saggio Cuba: quando la rivoluzione e il cinema hanno la stessa età). «L’avevo proiettato per la prima volta nel 1978, all’Orientale» continua il critico. «C’erano delle “pizze” che montavo io stesso, quasi sempre in modo del tutto illogico. Così la fine diventava l’inizio e viceversa, con il risultato che il protagonista, magari, moriva già nella prima sequenza lasciando impropriamente immaginare quanto fossero avanti, all’avanguardia, i cineasti cubani, già in grado di invertire l’ordine del tempo».
Fuor di battuta, come nasce l’iniziativa? «Dalla considerazione che se il cinema è sognare insieme lo stesso sogno, la “Cineteca di Babele” rappresenta uno dei modi per continuare a sognare«. Nasce così l’idea di «un gruppo di cinefili senza tetto né legge che si riuniscono periodicamente con l’obiettivo di proiettare agli altri ciò che potrebbero proiettare solo a se stessi». Partiamo con Cuba: operazione nostalgia? «Non direi. C’è piuttosto la consapevolezza, attraverso i film più emblematici, della fine di una stagione bellissima, carica della speranza di cambiare i rapporti tra le persone oltre che tra i paesi. Diciamo la consapevolezza di un sogno perduto».
La rassegna proseguirà poi con «Povere Creature», la sessione curata da Achille Pisanti che a partire dal 1° aprile, proporrà «Bride of Frankestein» di James Whale e «Dracula’s Daughter» di Lambert Hillyer, due “cult” della fantascienza horror. In coda, (mercoledì 24 aprile), «Chambre 12 Hotel de Suede», un critofilm, termine che indica un vero e proprio testo critico realizzato secondo le logiche del linguaggio cinematografico, selezionato da Antonio Andretta. Di fatto, un’indagine condotta da Claude Ventura e Xavier Villetard sulle condizioni di ripresa di quel capolavoro che è «Fino all’ultimo respiro» di Jean-Luc Godard, il manifesto della Nouvelle Vague.
Per finire con Gino Frezza che curerà una micro-rassegna dedicata alle contaminazioni della Nouvelle Vague con la narrativa di Edgar Allan Poe.