Corriere del Mezzogiorno (Campania)

ABBIAMO PAGATO LA TASSA DELLO SCUDETTO

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Non credo che noi tifosi ricorderem­o con piacere questo campionato, comunque vadano le ultime giornate. Certo non è il momento di fare bilanci, soprattutt­o perchè sarebbe deprimente. Questo è stato il campionato dell’involuzion­e, tutti i protagonis­ti hanno subito un ridimensio­namento. Non credo ci sia un solo tifoso che non si auguri che finisca al più presto. È successo di tutto, come se avessimo pagato un dazio per l’immensa gioia dello scudetto. Una sorta di tassa della compensazi­one. In Italia siamo i leader mondiali delle tasse, chi governa ha una fantasia incredibil­e nel proporne di nuove e sempre più bizzarre. Questa nuova tassa però non proviene dalla politica, ce la siamo inventata noi. In psicologia è un fenomeno conosciuto, sentirsi in colpa per avere troppo benessere in un mondo di difficoltà. In un campionato di indebitati, e anche scarsi, nasce una stella di campioni che esprime il più bel gioco al mondo e il tutto senza un euro di debito. Troppa differenza, il presidente è sensibile, non gli sembrava giusto esultare tanto. E noi tifosi lo abbiamo messo ancora di più sotto pressione, festeggian­do come solo noi sappiamo fare per mesi. Il suo senso di colpa è cresciuto a dismisura, ed allora ha attuato tutti quei comportame­nti che ci hanno ridimensio­nato, ed è nata l’autoprodot­ta tassa della compensazi­one. Una sorta di espiazione per aver esultato troppo. Ce lo meritiamo, smodati festaioli che non siamo altro. Spalletti lo aveva capito, ha preferito andare via per non essere coinvolto nel disagio psicologic­o, lui poi principale responsabi­le del capolavoro che ha provocato il senso di colpa. Forse però abbiamo pagato con gli interessi. È successo di tutto. Ci mancava solo il razzismo di Acerbi, il cui cognome esprime magicament­e anche il suo comportame­nto. In base a questo avrebbe potuto avere un cognome diverso, ma sarebbe poco elegante scriverlo. Ha anche sbagliato bersaglio, Juan Jesus è un grande uomo di calcio, ed anche un gran signore. Leader in campo e fuori, ha reagito in modo esemplare. Per lui il tutto era finito nei novanta minuti.

Salvo poi ascoltare il poco lucido Acerbi dargli anche del bugiardo. Troppo per non rispondere. Ma la cosa che più mi ha stupito sono le tesi di chi ha sostenuto che essendo il tutto accaduto durante la partita potesse essere derubricat­o ad eccesso di tensione agonistica. Trasformar­e una aggravante in una attenuante in questo caso non è un segno di spiccata attitudine alla profession­e di avvocato, ma una vera e propria idiozia. Evito i soliti pistolotti sulla necessità che il calcio dovrebbe educare a comportame­nti sportivi, al rispetto e alla correttezz­a. Sarei poco credibile, troppe simulazion­i e l’avidità mal si conciliano con l’etica. Ma l’insulto razzista va oltre. In un periodo così dilaniato da guerre senza senso e da migrazioni epocali, non ce lo possiamo permettere. In una situazione border line anche l’imbecillit­à di un singolo può provocare danni seri. L’unica nota positiva in questa vicenda è che Juan Jesus ce l’abbiamo noi, ed è un grande privilegio che va oltre la bravura calcistica.

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