Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La fondazione Gimbe: «L’autonomia farà collassare la sanità meridional­e» Cartabello­tta: ai residenti del Sud non sono garantiti neanche i livelli essenziali di assistenza

Il report In tutte le otto Regioni del Sud l’aspettativ­a di vita è inferiore alla media nazionale

- Anna Santini

Dopo quella delle maggiori istituzion­i economiche e di buona parte dei costituzio­nalisti, arriva anche la bocciatura della Fondazione Gimbe per il disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenzi­ata. Secondo la Fondazione, infatti, così come è costruita, la riforma non soltanto metterà in ginocchio la sanità al Sud, ma produrrà un sovraccari­co enorme per il sistema nel Settentrio­ne, a causa degli squilibri che ne conseguira­nno. Un giudizio contestato da Roberto Calderoli: «L’autonomia differenzi­ata è stata proposta per rimediare al disastro del Sud e ai problemi del Nord, quindi per rendere più efficienti le prestazion­i in tutto il Paese»

Il progetto di riforma, tuttavia, secondo il report L’autonomia differenzi­ata in sanità della Fondazione Gimbe del presidente Nino Cartabello­tta, «porterà al collasso la sanità delle regioni del Sud, già in fondo a tutte le classifich­e per cure essenziali e aspettativ­a di vita». Inoltre, il ddl, approvato al Senato e ora in discussion­e alla Camera, «potrebbe segnare un punto di non ritorno nell’equità dell’assistenza sanitaria tra le Regioni italiane in un contesto caratteriz­zato dalla grave crisi di sostenibil­ità del Servizio sanitario nazionale».

Nello studio si sottolinea che nella griglia Lea «nelle prime 10 posizioni non c’è nessuna Regione del Sud e le tre Regioni che hanno richiesto maggiori autonomie si collocano nella top five della classifica»; inoltre nel 2022, «a fronte di un’aspettativ­a di vita alla nascita di 82,6 anni (media nazionale), si registrano notevoli differenze regionali: dagli 84,2 anni della provincia autonoma di Trento agli 81 anni della Campania, un gap di ben 3,2 anni. E in tutte le 8 Regioni del Mezzogiorn­o l’aspettativ­a di vita è inferiore alla media nazionale, spia indiretta della bassa qualità dei servizi sanitari regionali». L’analisi della mobilità sanitaria conferma poi «la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord e la fuga da quelle del Centro-Sud: infatti, nel periodo 2010-2021 tutte le Regioni del Sud ad eccezione del Molise hanno accumulato complessiv­amente un saldo negativo pari a 13,2 miliardi di euro, mentre sul podio per saldo attivo si trovano proprio le tre Regioni che hanno già richiesto le maggiori autonomie». Nel 2021, peraltro, su 4,25 miliardi di euro di valore della mobilità sanitaria, il 93,3% della mobilità attiva si concentra in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, mentre il 76,9% del saldo passivo grava su Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Abruzzo.

Il raggiungim­ento degli obiettivi della Missione Salute del Pnrr è rallentato dalle scarse performanc­e delle Regioni del Centro-Sud: dagli over 65 da assistere in Adi (Assistenza domiciliar­e integrata) con abnormi obiettivi di incremento di circa il 300% per Campania, Lazio, Puglia e oltre il 400% per la Calabria, all’attuazione del fascicolo sanitario elettronic­o con percentual­i di attivazion­e e alimentazi­one molto basse; dal numero di strutture da edificare (Case della Comunità, Centrali Operative Territoria­li, Ospedali di Comunità), alla dotazione di personale infermieri­stico, ben al di sotto della media nazionale soprattutt­o in Campania, Sicilia e Calabria.

«Complessiv­amente questi dati — spiega Cartabello­tta — confermano che in sanità, nonostante la definizion­e dei Lea nel 2001, il loro monitoragg­io annuale e l’utilizzo da parte dello Stato di strumenti quali Piani di rientro e commissari­amenti, persistono inaccettab­ili diseguagli­anze

Rocca e D’Anna

tra i 21 sistemi sanitari regionali. Siamo oggi davanti ad una frattura struttural­e NordSud che compromett­e qualità dei servizi sanitari, equità di accesso, esiti di salute e aspettativ­a di vita alla nascita, alimentand­o un imponente flusso di mobilità sanitaria dal Sud al Nord. Di conseguenz­a, l’attuazione di maggiori autonomie in sanità, richieste proprio dalle Regioni con le migliori performanc­e sanitarie e maggior capacità di attrazione, non potrà che amplificar­e le diseguagli­anze già esistenti. Considerat­o che la richiesta della Fondazione Gimbe di espungere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie sinora non è stata presa in consideraz­ione dal governo, né sostenuta dalle forze di opposizion­e — continua il presidente — è cruciale ribadire che non è ammissibil­e che venga violato il principio costituzio­nale di uguaglianz­a dei cittadini nell’esercizio del diritto alla tutela della salute, legittiman­do normativam­ente il divario tra Nord e Sud».

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