Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Piccirillo, da eroe anti-camorra a indagato: «L’unica colpa è non aver lasciato Napoli»
Lo sfogo sui social dopo la notifica. Clemente, che lo aveva candidato: non riesco ad approfondire
tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Secondo la ricostruzione dei pm, i tre avrebbero preteso una tangente da 20.000 euro da un noto albergatore-commerciante di Chiaia, che nel febbraio 2022 venne anche brutalmente picchiato dal più giovane dei figli di Rosario Piccirillo il biondo. Nel 2019 il volto di Antonio Piccirillo aveva «bucato» gli schermi televisivi di tutta Italia. Pochi giorni dopo il tragico ferimento della piccola Noemi, la bimba colpita alla schiena da una pallottola vagante mentre era in piazza Nazionale con la nonna, il figlio del boss di Chiaia era intervenuto in una manifestazione e davanti a centinaia di persone aveva preso le pubbliche distanze dai trascorsi criminali del genitore: «Mio padre ha fatto delle scelte sbagliate ed è un camorrista. Amate
i vostri padri, ma dissociatevi dal loro stile di vita». Parole dure, che gli avevano permesso di diventare all’istante un simbolo di ribellione alla subcultura camorristica.
Il suo messaggio aveva avuto un certo seguito, tanto che, a due anni di distanza, Alessandra Clemente, vicesindaco uscente del Comune di Napoli, aveva deciso di candidarlo nella propria lista per un posto nell’assise di via Verdi. Interpellata sulla vicenda giudiziaria che vede adesso Piccirillo junior protagonista, la consigliera comunale Clemente preferisce rinviare una presa di posizione: «Al momento non riesco ad approfondire, mi dispiace». Davanti alla richiesta di una replica, anche l’ormai ex simbolo anti-clan opta per il silenzio. Antonio Piccirillo ha però affidato ai social due post pubblici di sfogo: «Chiedo a tutta la gente del quartiere di starmi vicino e di supportarmi in questa battaglia legale che mi vede imputato (al momento il suo status è di semplice indagato, ndr) per un tentativo di estorsione. Mi rendo conto che é facile pensare male, ma questo tormento non lo merito. La mia vita è compromessa per un reato che non ho mai pensato di commettere». Concetto ribadito in un secondo messaggio: «Non c’è cosa più brutta di doverti difendere dal male che non hai mai fatto, avendo l’unica colpa di non aver fatto le valigie e andare via da questa città. Tutta colpa mia, ma il mondo ha bisogno di verità, basta menzogne e cattiverie gratuite».
Dubbi e interrogativi che, dopo il recente avviso di conclusione delle indagini preliminari notificato ai Piccirillo, potrebbero essere presto dipanati in un’aula di giustizia.
Èstato il giorno del dolore, ieri, a Secondigliano; il giorno dell’ultimo saluto a Vincenzo Nocerino, tragicamente scomparso venerdì 16 marzo insieme alla fidanzata in un box auto per le esalazioni da monossido di carbonio. Le esequie del 24enne si sono tenute nella parrocchia di Santa Maria della Natività, nel rione Kennedy, dove il ragazzo e suo padre Alfredo vivevano da tutta la vita. Centinaia le persone che lentamente si sono affollate sia all’interno che all’esterno della chiesa per porgere. Le saracinesche dei negozi, dei bar e dei piccoli locali sono state chiuse per metà. La bara è arrivata in chiesa attorno alle 10.30, un’ora prima dell’inizio dei funerali. Alfredo, il padre di Vincenzo, è entrato a fatica nella chiesa, distrutto dal dolore. «Vincenzo — ga detto — era la mia ragione di vita, adesso il mio unico scopo è riabbracciarlo». Fiori bianchi, mazzi di rose e mughetti hanno letteralmente coperto la bara di Vincenzo. E poi i giovani, gli amici del ragazzo da tutta una vita. Sono quelli che hanno portato palloncini bianchi e rossi che hanno fatto volare all’esterno della parrocchia nel momento in cui la bara ha lasciato la chiesa.