Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La vecchiaia, Starnone e le differenze con Erri De Luca
Non sono imprescindibili, ma sono convincenti, e Starnone sa comunicarcele grazie a una sempre presente dose di autoironia. Preferisce, diciamo, «volare basso» e questo è un pregio, rispetto agli sproloqui di tanti quotidianisti.
C’è chi, come me, predilige i suoi scritti di ieri, di quando parlava di scuola e di studenti, ma Il vecchio al mare, il suo ultimo romanzo appena edito da Einaudi (pp. 122, euro 17) parla piuttosto di vecchi e di vecchiaia, parlando anche, si presume, di sé. (E in qualche modo trasversale anche di me, che sono perfino più vecchio di lui).
Già il titolo è sminuente, contrapposto con evidenza a una storia eminentemente eroica nonostante l’età del protagonista: a Il vecchio e il mare di Hemingway. C’è presumibilmente molto di autobiografico nel racconto delle giornate di mare del protagonista Nicola. Sono incontri non straordinari, quelli che egli fa con i frequentatori di una spiaggia non in piena stagione, incontri soprattutto con donne, sia d’età che ragazze, che spesso devono frequentare quella spiaggia per lavoro. Ed è un confronto con il femminile e un canto sulla vecchiaia quelli che Starnone ci propone, a partire evidentemente dal proprio sé.
È il suo «sottotono» a convincere, così diverso dal tono pieno dell’altro scrittore napoletano venuto dalla storia del ‘68, Erri De Luca che sceglie invece sempre un tono più alto e più aspro – e davvero l’opera dei due (bravi) scrittori napoletani può far pensare, ai lettori di una certa età, alle differenze umorali e diciamo caratteriali, che distinguevano tra loro i militanti di Lotta continua, più «eroici», da quelli del Manifesto, che si volevano più «saggi».
È nell’ultima pagina del romanzo – chiamiamolo con certezza tale, pensando, non solo per il titolo, a Senilità di Svevo, dove le donne, e donne giovani, erano la chiave della
narrazione, l’elemento del confronto. Il finale del Vecchio al mare mi ha ricordato una scenetta bunueliana, se non erro in Il fantasma della libertà, dove un tizio a cui il medico diagnostica un cancro micidiale reagisce rifilandogli un ceffone… Il vecchio di Starnone è più calmo, e reagisce alla prospettiva di una malattia grave affittando una casa al mare, per gli ultimi tempi...
È un buon libro, Il vecchio al mare, perché Starnone sa misurare le sue forze e sa praticare quel distacco e quell’invenzione che la letteratura perlopiù esige ma di cui troppo spesso, oggi, fa malamente a meno.