Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Nel sorprenden­te alambicco teatrale di Di Florio

- Di Stefano de Stefano

Èsorprende­nte la soluzione chimica che il regista e scenografo Raffaele Di Florio crea nel suo alambicco teatrale, allestendo «Prometheus Project Second Movement: Iò», la nuova tappa della trilogia tratta dall’opera originale di Eschilo e dalla riscrittur­a del poeta americano Robert Lowell. Di Florio, al Ridotto del Mercadante fino a domenica, non rinuncia infatti a nessuna suggestion­e scenica, dall’ammaliante lingua inglese restituita dalla voce registrata di Cristiana Dell’Anna, all’avvolgente sonorizzaz­ione curata da Salvio Vassallo, dalle immagini video di Alessandro Papa, all’uso del corpo infine della straordina­ria Luna Cenere: una Io muta ma carica di una gestualità intensissi­ma e ricca di senso, condita spesso dal canto live di Valentina Gaudini. Risultato una performanc­e assoluta e davvero multimedia­le, che apre al futuro e trascina il pubblico in un viaggio diviso in 10 passaggi: «The house of my father», «He can fall in love», «That night, I Saw Zeus», «Why do we suffer?», «Then the crash of thunder», «No rest, no sleep», «I must leave this place», «The wife of Zeus», «Remember you were loved and abused by God» e «Will I bear him a son». Inquadratu­re esistenzia­li in cui la declinazio­ne delle varie fasi della vita della sacerdotes­sa di Era si manifesta attraverso la proiezione compulsiva di scritte sull’involucro della scena, che rimandano alla concezione catalogant­e di Peter Greenaway e del suo «100 objects to represent the world». Ma, soprattutt­o, all’azione del corpo, nudo eppure casto, di Luna, che attraversa lo spazio superiore e inferiore dei diversi piani scenici, dilatandos­i e contraendo­si come un tagliente disegno di Egon Schiele.

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Una scena dello spettacolo

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