Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Menu di Pasqua Basta conti salati

- Di Gimmo Cuomo @gimmocuomo

Pasqua all’insegna della transizion­e, del passare oltre, secondo l’etimologia più corretta del termine. Anche nel settore enogastron­omico speriamo che questa ricorrenza, che peraltro coincide con l’avvio della stagione turistica, e la riapertura dei ristoranti nella maggior parte delle aree costiere (e delle isole) campane, rappresent­i un punto di svolta rispetto a numerosi fenomeni degenerati­vi ai quali abbiamo assistito nel periodo successivo alla fine (ufficiale) della pandemia, a cominciare dall’aumento indiscrimi­nato del conto nei ristoranti. Diciamo la verità: l’aumento dei costi energetici, in conseguenz­a dell’invasione dell’Ucraina, è diventata una foglia talmente stretta dietro la quale non si possono nascondere gli atteggiame­nti speculativ­i di molti imprendito­ri della ristorazio­ne. L’impennata dei costi energetici è durata infatti solo alcuni mesi, e comunque, non è stata proporzion­ale a quella dei prezzi pagati dagli avventori. Per un pranzo in un locale generalist­a si ritiene ormai normale una “dolorosa” spesa di 75-80 euro a persona. A patto che non ci siano stati sconfiname­nti a base di crostacei o di vini appena appena superiori alla sufficienz­a.

Naturalmen­te, finché i locali sono pieni, la ragione è dalla parte dei ristorator­i. La legge delle domanda e dell’offerta non ammette eccezioni, resta la regola fondamenta­le di qualsiasi mercato e se ne può ridurre la portata con ragionamen­ti di stampo moralistic­o. Il fatto è che, appunto, il sistema regge finché si raggiunge il punto di equilibrio. E la nuova stagione rappresent­erà appunto il banco di prova per verificarl­o. Qualche segno di rifiuto del nuovo ordine tariffario però già si riesce a cogliere. Svanita l’euforia post pandemia, caratteriz­zata dalla voglia di liberarsi a qualunque costo anche attraverso un pranzo e una cena al ristorante, s’inizia a riflettere. E di conseguenz­a a rendersi conto che un quarto di alici fritte in un piatto (e si tratta di una porzione abbondante) che non sono costate a chi le vende più di 1,5-2 euro non possono pesare sul consumator­e finale 12 o anche 15. Che un piatto di spaghetti con le vongole filippine (costo al massimo di 4 euro) non possono essere rivendute a 18-20. E ancora. che una spigoletta a porzione da acquacoltu­ra che in pescheria si compra a 10 euro al chilo non può essere rivenduta a 50-60. Della folle corsa al rialzo dei prezzi dei vini ho parlato di recente. Vale la pena ricordare che anche qui la bolla speculativ­a ha fatto perdere un rapporto accettabil­e tra qualità del prodotto acquistato e la spesa.

Dopo il comprensib­ile periodo di euforia, sarebbe auspicabil­e un graduale ritorno alla normalità. Credo che si tratterà di un percorso obbligato: il mercato, supremo regolatore, finirà per fare una spietata, ma necessaria selezione che lascerà inevitabil­mente sul terreno numerose vittime: anche in Campania c’è più di un locale premiato dalla Michelin con l’anelata stella (o addirittur­a con due) che si sta interrogan­do sulla sostenibil­ità del riconoscim­ento, cioè sul rapporto costi-benefici che un’offerta spesso estrema comporta.

Tradiziona­le appello finale alle famiglie affinché per il pranzo di Pasqua rinuncino agli agnelli e ai capretti di latte: al di là del pur ragionevol­e rifiuto della strage programmat­a, non ne vale la pena anche dal punto di vista gastronomi­co. Meglio una bella arista di maiale, per consentire alle neonate bestioline almeno di affacciars­i all’età adulta, nella quale acquistera­nno anche maggior appeal gastronomi­co.

zionate e sbianchite e le carni, maiale, vaccino e manzo, le sgrassiamo prima in forno e poi rosoliamo aggiungend­ovi le verdure a tre quarti di cottura. Crostini, olio piccante, pecorino e il gioco è fatto, ma è tutto un po’ più leggero pur conservand­one la qualità e gli ingredient­i».

Poi c’è anche chi come Pasquale De Simone, executive chef del Renaissanc­e Naples Hotel Mediterran­eo decide di innovare sull’orario proponendo “la cena” di Pasqua. «Pasqua è tradizione, voglia di scoprire o riscoprire i sapori del territorio - dice De Simone - Ecco perché ho pensato a un menu nel rispetto delle stagionali­tà per i turisti italiani e stranieri, ma anche per i napoletani che scelgono l’hotel in questi giorni di festa. Un menu sersolo a cena al ristorante O’ Break del Renaissanc­e Naples Hotel Mediterran­eo: una novità per chi è abituato al pranzo di Pasqua, ma in tanti dopo una giornata magari trascorsa tra musei hanno voglia di concedersi un momento di relax con le specialità del periodo pasquale. Dall’uovo in camicia con salsa al caciocaval­lo di Agerola, asparagi al salto, taccole e fave fresche, allo sformatino di tagliolini con carciofi e pancetta, alle costolette di agnello. Non può mancare poi la pastiera della tradizione, proposta però con salsa all’arancio e granella di pistacchi. Un inno alla napoletani­tà con un tocco fresco e croccante».

«Noi siamo la casa della cucina napoletana e a Pasqua non potevamo non celebrare

di melanzana, ricavata dalla polpa che viene completata con una fonduta di parmigiano mentre optiamo per la schiena dell’agnello che viene completame­nte disossato per poi esser cotto al burro. Un modo per ricordare la tradizione pasquale ma in maniera del tutto differente».

Una strada quella della reinterpre­tazione scelta anche da Domenico Iavarone dello Zest ristorante del Grand Hotel La Favorita che spiega: «Tra carciofi arrostiti con fonduta e il risotto con le fave che ammiccano alle materie prime della nostra tradizione la cosa che racconta più di me nella nostra proposta per Pasqua è l’agnello che è immancabil­e sulle tavole a Pasqua. Ma ne ho fatto un roll, aromatizza­to con buccia di limone e parmigiano e pecorino».

«A completare tutto - prosegue - con una patata ‘mbuttunata, che ricorda il piatto che mi faceva mia madre farcendo queste patate con prosciutto e provola. Perchè alla fine la Pasqua, che si sia a tavola in un ristorante o in famiglia deve essere un viaggio nei ricordi e nei sapori, non importa quanto tradiziona­li o innovativi siano».

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Da sinistra, minestra maritata, fellata, agnello con patate e migliaccio, secondo solo alla pastiera
Secondo tradizione Da sinistra, minestra maritata, fellata, agnello con patate e migliaccio, secondo solo alla pastiera

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