Corriere del Mezzogiorno (Campania)
SESSA AURUNCA, MORTE DI CRISTO CON UN «SISMA» SIMULATO
Il canto del miserere eseguito a tre voci e non in forma corale, caratterizza da sempre i riti pasquali di Sessa Aurunca. La città posta sulla piana del Garigliano, da pochi giorni ha saputo che questo famosissimo canto penitenziale che in questo paese nel venerdì santo viene cantato rigorosamente in latino ma non in polifonia come accade nelle altre esecuzioni ma esclusivamente a tre voci, una vera chicca, è stato recensito, unitamente alla suggestiva processione dei Misteri, nel patrimonio immateriale dell’Italia.
Già nel 2018 è entrato nel Patrimonio Immateriale Culturale della Campania, questo riconoscimento da parte dell’Icpi (Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale) del Mibact apre ora la concreta prospettiva del riconoscimento internazionale da parte dell’Unesco.
«Ci consola la certezza che d’ora in avanti i nostri rituali risalenti già alla metà del settecento, saranno adeguatamente tutelati anche a livello istituzionale» dichiara commosso Pasquale Ago, priore della arciconfraternita del Santissimo Crocifisso che tutela e tramanda sia il Miserere che la processione dei Misteri «continueremo con la stessa determinazione, con cui ci siamo impegnati finora, per tutelare e valorizzare i nostri antichi rituali e soprattutto per tramandare questo importante patrimonio alle future generazioni».
Miserere mei, Deus, secundum magnama misericorsiam tuam, con questa strofa ha inizio il canto che qui viene eseguito da tre voci: una alta, una media e una bassa e che si ritrovano fuse insieme. Una vera rarità per la polifonia vocale. La città di Sessa Aurunca, già da ieri come da tradizione centenaria, ha avviato il percorso delle processioni penitenziali con le sue sei arciconfraternite che si si alternano nell’andare in processioni dalle rispettive chiese in cattedrale per l’adorazione eucaristica. Il mercoledì sera sempre l’arciconfraternita del SS.Crocifisso, dà vita allo struggente Ufficio delle Tenebre detto dal popolo Terremoto.
I componenti di questo sodalizio indossano un saio e cappuccio nero e nella chiesa di San Giovanni in Villa che è la loro sede, cantano le nove lezioni. Ovvero dei testi sacri: «Sono chiamate così ma in effetti sono le tre lamentazioni del profeta Geremia, tre trattati di Sant’Agostino, tre epistole di San Paolo, il tutto viene cantato con l’accompagnamento dell’harmonium e rigorosamente in latino. Si inizia alle 20 quando il giorno cede la scena alla notte. La chiesa è semibuia al centro un leggio con due candele. Nel presbiterio c’è un candeliere triangolare con su 15 candele accese. Ad ogni canto una candela viene spenta. Sul finire viene intonato il Canto di Zaccaria e il Miserere. Lentamente la chiesa diventa completamente buia finché l’ultima candela viene portata dietro l’altare e quindi non visibile. L’oscurità rappresenta l’ora più buia di Nostro Signore. Quando è solo. Tradito da Giuda. Abbandonato dagli amici.
A questo punto dopo una ultima recita del Miserere i partecipanti iniziano a fare rumore. Imitano con i piedi e con le sedie un terremoto. Emulando la terra che tremò e si squarciò quando Gesù il Nazareno spirò e il Centurione disse: «Costui era veramente il figlio di Dio». La luce nascosta riappare. Gesù è risorto. Le tenebre sono squarciate. È un rito antichissimo quello che si rinnova a Sessa Aurunca. È un unicum. Esso anticipa quello che avverrà la notte di Pasqua.
È una tradizione che affonda le sue radici nel convento dei francescani che era annesso alla chiesa e che con la soppressione degli ordini religiosi del 1807 rimase senza frati. «La nostra arciconfraternita ha preso dai francescani, mantenendolo in vita, questo rituale medievale» specifica il priore che racconta anche di quando nel 1987 monsignor Antonio Massone, delegato delle congreghe per il Vaticano, si recò a in questo paese per assistere ai riti pasquali. Rientrando a Roma raccontò il tutto a Giovanni Paolo II che si commosse nel ricordare di quando da giovane frequentava un seminario clandestino e nel pregare non potevano fare il «terremoto» per non essere scoperti. Volle conoscere personalmente il priore di allora che era padre Vincenzo Ago. La settimana santa prosegue le processioni dei Misteri. Anch’essi tutelati.