Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’immagine che nasce nell’ora più buia
Poi siamo stati ragazzi negli anni Settanta, io mi sono beccato allora la passione per i disertori — insieme a quella per un’interminabile fila di ragazze di tutti i tipi — e lui no. Si sarà distratto a tradurre tutte quelle versioni di latino e greco che ci assegnavano o forse non ha trovato qualcuno che gliele passava come è capitato a me. Sarà stato questo, penso, mentre la luce di primavera inonda la presidenza e lui se ne sta col musetto aguzzo ad aspettare una mia risposta. Però anche stavolta evito di mettere su una polemica, non me lo faccio uscire che lo stesso suo tricolore sventolava mentre gasavamo gli etiopi, provavamo a spezzare le reni ai greci, rastrellavamo gli ebrei eccetera. Piuttosto gli dico che sono felice di vederlo in sella di nuovo, anzi, che mi ricorda proprio il John Wayne di «Soldati a cavallo» e così ridiamo insieme e me ne filo via.
L’ora successiva, in 5E, non posso che lanciare il sondaggio istantaneo. «Occhio, gente! È notte, ve ne state sprofondati in un letto d’ospedale, non siete sicuri di essere messi benissimo. Cos’è che vi aiuta? Quale immagine vi viene in mente che può darvi sollievo in questo istante?».
La cinica Cute e quella testa quadra di Saurone, così diversi come sono, bruciano tutti sul tempo e rispondono all’unisono: «Walter White, prof. Se mi sento come lui prendo coraggio!». Si fissano sbigottiti. Sorvolo sulla stupefacente coincidenza espressiva e chiedo lumi. Non l’avessi mai fatto. «Breaking bad è una delle migliori di tutti i tempi… ma Netflix neppure ce l’ha, prof?». Lungo mormorio di delusione. Ecco, una credibilità distrutta. Poi mi spiegano la forza di questo personaggio, un brav’uomo che diventa progressivamente cattivo tra i cattivi, un professore di chimica di Albuquerque che si trasforma in un narcotrafficante e che mostra una resilienza pari a mille.
Annuisco. Provo a stargli dietro. E mentre annuisco mi accorgo, come fosse la prima volta, che i ragazzi non hanno un briciolo di quelle culture politiche che in qualche modo abbiamo assorbito io e Tozzo nella vita. Hanno le serie sulle piattaforme e la rete, certo, e un immaginario infinitamente più ampio. Chissà se basterà, mi domando.
«E lei?» fa immancabile Daria Guinzella. «La mia immagine?» chiedo per prendere tempo. «Si». Vorrei fare una gran figura e accennare ad uno sciopero in qualche fabbrica della Nike dislocata in Vietnam o qualcosa del genere. E invece farò un cenno ai miei genitori che non ci sono più da tanti anni. Manco fossi di nuovo un bambino degli anni Sessanta, per un istante.