Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Francesco Pio ucciso agli chalet, colpo di scena nel processo Il teste in aula: «Non ricordo» Accusato di falsa testimonianza
Si allunga l’ombra delle minacce. Il pm ha secretato la lista dei testimoni
con una pallottola vagante l’aspirante pizzaiolo originario di Pianura. A tenere banco è stata però soprattutto la controversa deposizione del gestore dello chalet davanti al quale, nella notte tra il 19 e il 20 marzo 2023, è scoppiata la rissa tra la comitiva di Barra e quella di
Soccavo: «Il mio chiosco — ha subito chiarito — è quello più lontano dal punto in cui è avvenuta la sparatoria. Ho notato solo un battibecco, che poi è subito terminato. Quando ho sentito lo sparo, ho visto tanta gente correre verso il mio locale e a quel punto mi sono chiuso dentro». E ancora: «In ogni caso non ho visto chi erano i partecipanti alla lite e non si trattava di frequentatori abituali del chiosco». Una giravolta che ha innescato la contestazione del pm, che ha richiamato i due interrogatori ai quali Nacarlo era stato sottoposto il 20 e il 25 marzo. Nel secondo, in particolare, aveva spiegato che quella sera «era arrivato un gruppo di tre ragazzi che ha litigato con altri giovani seduti ai tavoli». Il motivo era una «fesseria, un rimprovero per una scarpa macchiata».
Il commerciante aveva poi sottoscritto alcuni riconoscimenti fotografici: volti che ieri mattina sembrava aver completamente rimosso. Eppure un anno fa era riuscito a indicare persino il giovane che avrebbe dato il via all’alterco: «Nella foto numero 16 vedo il ragazzo che ha iniziato la lite. Aveva atteggiamenti da guappo e si lamentava delle scarpe che gli erano state sporcate». Dodici mesi fa aveva inoltre dato una provenienza geografica ai partecipanti allo scontro: «Quelli arrivati dopo erano del rione Traiano». E ieri mattina? «Smentisco di aver mai detto una cosa del genere». A quel punto il presidente della Corte ha interrotto l’udienza, incriminandolo per falsa testimonianza. Assegnatogli un avvocato di ufficio, Nacarlo, tra l’altro già destinatario dell’accompagnamento coatto dopo la mancata comparizione nella procedente udienza, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Ascoltata anche la polizia scientifica: gli agenti-testi hanno confermato che il proiettile calibro 38 special che ha ucciso Maimone è stato esploso «da una distanza di circa 15 metri» e che il colpo è stato esploso ad alzo zero. Acquisiti anche i riconoscimenti fotografici e il verbale relativo al ritrovamento di residui di scarpe bruciate. Le stesse per le quali è stato ucciso l’innocente Maimone.