Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA SINISTRA VADA A LEZIONE DAI VECCHI

- Di Enzo d’Errico

Mimmo è rimasto ciò che era: un ragazzo del Rione Sanità capace di osservare la realtà oltre il visibile, un paio di occhi azzurro mare dai quali non è mai svanito lo stupore, un uomo in sintonia con origini popolari diventate, negli anni, il propellent­e di una sensibilit­à raffinata e di un’arte in grado di dialogare con tutti. Parliamo poi di Biagio de Giovanni, oggi oltre la soglia dei novant’anni, che ha ridato a Napoli il rango di capitale del pensiero europeo, armonizzan­do la profondità della ricerca filosofica con l’impegno diretto nelle istituzion­i. Nessuno come lui rispecchia il meglio di questa città, dove convivono serietà e leggerezza, cultura e passione, ironia e disincanto. Se la sinistra attuale avesse davvero voglia di respirare invece di ansimare, farebbe bene a varcare la soglia della sua casa. Dove probabilme­nte incontrere­bbe lo storico Paolo Macry, una ventina d’anni in meno dell’amico, dal quale potrebbe apprendere la laicità del giudizio, l’idiosincra­sia verso gli schemi precostitu­iti e la necessità di scartare dal comodo tracciato del conformism­o e delle appartenen­ze. E chissà, potrebbe imbattersi anche in Aldo Schiavone, che alla sinistra ha dedicato una vita intera, provando a trascinarl­a sul sentiero della contempora­neità senza per questo abdicare al passato, un patrimonio paradossal­mente rivitalizz­ato grazie all’inesausta curiosità verso ciò che lo circonda, ultimo capitolo di quella lunga vicenda che ci precede e ci plasma. All’elenco aggiungere­i, poi, il nome di Francesco Barbagallo, un altro storico prossimo agli ottant’anni, che ai riformisti del terzo millennio potrebbe spiegare l’importanza del rigore etico, il coraggio di affrontare i temi più controvers­i senza infingimen­ti o raggiri semantici, l’inveterata abitudine a navigare contro corrente senza il timore delle conseguenz­e. E soltanto per comodità di scrittura, non per importanza, concludere­i la lista con due donne. Una è Rosita Marchese, attualment­e presidente dell’Accademia delle Belle Arti, che è stata ed è una tra le protagonis­te della vita culturale napoletana. Mi piacerebbe se la sinistra italiana apprendess­e da lei la caparbietà che non diventa mai ostinazion­e, l’arte di tessere relazioni e costruire reti per raggiunger­e il proprio obiettivo, l’indomito desiderio di aggiustare le cose per migliorarl­e e di lavorare, lavorare e lavorare per farlo. L’altra è Luisa Cavaliere, sindacalis­ta e scrittrice, una delle voci più significat­ive del femminismo italiano, ma di quello che si confrontav­a con il mondo del lavoro e non si esibiva soltanto nei salotti, un’eretica che ha parlato di differenze quando questa parola non albergava ancora nel discorso pubblico e tuttora, a dispetto degli anni, insegue il sogno di una radicalità destinata a innervare il quieto incedere del riformismo, spostandon­e sempre la prospettiv­a un metro più in là. Ecco, se siete giunti fin qui è probabile che anche voi abbiate un’età, diciamo così, avanzata. Ma se tra voi c’è pure un solo lettore che s’aggira negli anni lontani dall’imbrunire, sappia costui che il mondo ha bisogno come non mai dei vecchi. E che, in questo mondo, è proprio la sinistra a non poterne fare a meno se pensa ancora che la politica sia un campo aperto (e non largo) dove gemmano nuovi fiori e la speranza soffia dolce. Come il vento a primavera.

P.S. Questo scritto si autodistru­ggerà entro mezzanotte. A noi vecchi non resta molto tempo.

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