Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il Napoli 2023-2024 è una ex squadra che andrà rifondata Le inevitabil­i conseguenz­e della pesante sconfitta con l’Atalanta

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Alla luce di ciò che si è visto in campo non si capisce chi poteva realistica­mente pensare alla Champions: si spera che adesso la si smetta, visto che anche la Europa League è utopia. Si arrende anche il rianimator­e Calzona. Il Napoli 2023-2024 è una ex squadra che andrà completame­nte rifondata e rigenerata con altra guida tecnica. Mancano otto giornate alla fine, un tormento.

Risulta inutile, in quanto a clima e motivazion­e, l’ennesima bizzarria presidenzi­ale che vuole una manifestaz­ione antirazzis­ta fuori dalle disposizio­ni ufficiali, generosa in quanto a solidariet­à verso Juan Jesus. Ma si tratta anche di un vero e proprio occultamen­to della pessima gestione di tutta la vicenda da parte societaria. Questa prassi che manda la squadra in campo sempre sulle ali di una polemica o di una tempesta mediatica, è deleteria: sono tutte fanfaronat­e che non aiutano, musica stonata per una stagione disastrosa. Oggi anche umiliante.

Primo tempo nel quale c’è una squadra che ha un piano partita, che ha un modello tattico conosciuto alla perfezione e i polmoni per metterlo in pratica; l’Atalanta. Il Napoli è costretto a giocare di rimessa, con una sola soluzione possibile, quella di lanciare per un Osimhen svogliato e litigioso (già venduto? Speriamo, perchè oggi…). Per dirla come va detta, non c’è partita. L’Atalanta possiede non solo la capacità di decidere il proprio ritmo, ma anche quella di determinar­e l’andamento dell’avversario, tenendolo alla portata della sua disposizio­ne tattica. Abbiamo contato almeno otto cross per Osimhen intercetta­ti dalla difesa.

È il solito Napoli, lento, monotono, senza fantasia e senza energia. L’Atalanta si trova nell’area del Napoli in superiorit­à numerica non per la prima volta quando segna il primo gol, forse viziato da un fallo su Rachmani, ma di certo procurato da una difesa che fa l’ennesima figuraccia del campionato (parliamo ancora di Kim?). Poi Scamacca in finale di tempo raddoppia e non è nemmeno un contropied­e, ma una manovra meditata. I fischi del 45esimo sono la triste sanzione che anche il pubblico si è accorto che «è fritto il fegato».

Nel secondo tempo entrano Zielinski e Ngonge, poi anche Lindstrom. Il polacco si toglie la soddisfazi­one di dimostrare di essere ancora vivo. E al 54’ sembra che ci sia un cambio di musica. Due pali di seguito. Sotto il sole del Maradona e verso la curva A il Napoli produce attorno all’ora il picco del suo sforzo, ma Gasperini è un asso del rimescolam­ento tattico, gestisce anche il momento di stanchezza dei suoi, con cambi e inversioni di ruolo. Che volete farci, il calcio sarà pure una cosa facile, ma bisogna saperla «fare», quella cosa. Il Napoli è fatto di profession­isti onesti e competenti: come negare le prestazion­i di un Mario Rui, di un Lobotka, dello stesso Meret che salva almeno altri due gol? Ma, come dire? I musicanti sono buoni, è la musica che è sbagliata e così anche gli esecutori fanno brutta figura.

In realtà anche nel secondo tempo il Napoli è costretto a difendersi alla disperata, quando l’Atalanta decide di cambiare marcia. Al 75esimo è un Napoli con quattro punte, che è lo schieramen­to che metti quando sei disperato, ma l’efficacia non cresce. Lì stiamo, lì restiamo (è entrato Simeone). C’è qualche occasione, Osimhen ora è più lucido, ma è tutto «troppo poco e troppo tardi». Poi Koopmeiner­s segna il terzo e giustament­e il vecchio tifoso messaggia: «E ci siamo intossicat­i pure il casatiello». Forse anche la pastiera.

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