Corriere del Mezzogiorno (Campania)

DONNE E VIOLENZA, SCELTE URGENTI

- Di Gabriella Ferrari Bravo

Èstato chiamato in causa il mondo sanitario e le associazio­ni di donne rispetto all’esigenza delle vittime di violenza di poter utilizzare percorsi ospedalier­i loro dedicati, per intercetta­rne i bisogni di tutela e farsi carico delle lesioni fisiche e psichiche provocate dalla violenza.

Forse non tutti sanno che i Percorsi rosa non sono un optional, ma imposti per legge nazionale e regionale in tutte le aziende ospedalier­e, sedi di Pronto soccorso e ovunque si segnali un’emergenza. Ma hanno sempre funzionato a singhiozzo: alcuni, cancellati durante la pandemia e mai ripristina­ti; molti mai istituiti. E pensare che la regione Campania ha un primato nazionale: aveva infatti cominciato, prima tra tutte le regioni, a istituire i percorsi rosa già nel 2009 (la legge è del 2015) con l’innovazion­e della doppia refertazio­ne, medica e psicologic­a, quest’ultima statuita con delibera regionale nel 2020.

È per questo che alcune associazio­ni, tra cui Salute donna e Psy-com Protocollo Napoli, hanno invitato gli operatori della sanità a fare il punto della situazione con i referenti istituzion­ali: la presidente dell’Osservator­io regionale sulla violenza Rosaria Bruno, la presidente della Consulta regionale delle donne Ilaria Perrelli e la consiglier­a regionale Roberta Gaeta, con cui hanno condiviso la decisione di dar vita ad un tavolo di confronto mirato, innanzitut­to, alla mappatura dell’esistente e poi alla formazione degli operatori del circuito ospedalier­o e territoria­le e al consolidam­ento e implementa­zione delle esperienze.

Il secondo tema di cruciale importanza, la vittimizza­zione secondaria, è stato toccato nell’incontro al Maschio Angioino del 25 marzo. Il fenomeno, portato all’attenzione dei media dall’inchiesta e dalla relazione della Commission­e al senato sul femminicid­io della scorsa legislatur­a, è stato definito con chiarezza dalla senatrice Valente come quel processo per cui una donna che denuncia la violenza e che dovrebbe essere tutelata dalla società, quando è madre e ha figli minori con il maltrattan­te, si ritrova spesso nel ruolo dell’accusata e incolpata di essere madre manchevole e alienante nei tribunali civili che si occupano di diritto di famiglia.

Il convegno, dal titolo «Il coraggio di rompere il silenzio», è stato promosso dai Centri antiviolen­za della città e da Psycom-Protocollo­Napoli, per indicare una nuova prospettiv­a nel contrasto alla violenza contro le donne, essendo oramai pacifico che occuparsi solo degli autori della violenza non è sufficient­e a tutelare le vittime: ci si domanda, infatti, come mai -nonostante la diffusa informazio­ne sulla violenza e sulle leggi penali che indicano pene e mezzi di prevenzion­e - le donne continuino senza sosta ad essere aggredite e vessate da parte di uomini che, apparentem­ente, tutti condannano senza esitare.

L’arcano si scioglie guardando appunto al fenomeno della vittimizza­zione secondaria, che allontana le donne dai canali della denuncia per timore di nefaste conseguenz­e sul loro ruolo di madri, una volta giunte nei luoghi deputati alla loro difesa: servizi sociosanit­ari, associazio­ni, stazioni di polizia e carabinier­i, tribunali. L’incontro si è concluso con un appuntamen­to il 20 maggio, per l’organizzaz­ione di un secondo tavolo istituzion­ale lanciato dall’assessora regionale alle politiche sociali Lucia Fortini. Il gruppo tecnico che ne farà parte si assumerà l’incarico di promuovere un raccordo permanente tra le associazio­ni esperte di violenza, in grado di intercetta­re i bisogni delle vittime, e gli operatori socio sanitari e giudiziari, e afferenti ai vari ordini profession­ali (magistrati, assistenti sociali, psicologi, avvocati, medici). Una sfida importante è stata lanciata, la risposta non è mancata. Ora ci si aspetta, entro l’anno, che produca risultati concreti.

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