Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Tutto su mia madre Nei loro romanzi Franchini e Starnone colti a tratteggiare le figure materne
Cristina Trombetti, presidente dell’Istituto Nazionale di Alta Matematica e docente di Analisi Matematica all’Università Federico II di Napoli è la vincitrice per la sezione Università del Premio Internazionale «Guido Dorso» che dal 1970 segnala esponenti del mondo delle istituzioni, della ricerca, dell’economia, della cultura e giovani studiosi italiani e stranieri che contribuiscono, con il loro impegno, all’approfondimento delle tematiche legate al processo di sviluppo del necessariamente conseguenze, non spiegano sempre qualcosa perché legate da un rapporto di causa ed effetto o perché in relazione con un comune fattore esterno. Tuttavia, chi può vietare di cogliere nelle coincidenze che ci sorprendono cose che ancora non hanno forma o forse mai l’avranno? Risonanze che per mille motivi possono mettere ordine nel caos delle nostre suggestioni?
Se due scrittori, due uomini, molto simili per estrazione e sensibilità sociale e tutt’e due napoletani, si descrivono così vulnerabili negli affetti. Se entrambi si mostrano ugualmente attratti dal napoletano parlato, dalle sue parole e dai suoi modi di dire, nonché dalla funzione “materna”, cioè creatrice, della scrittura, al punto da raccontare le loro storie e al tempo stesso riflettere sui segreti e le tecniche che consentono il racconto. Se due figure così, insomma, si rispecchiano tanto platealmente, possibile che non ci sia una risposta plausibile al perché ciò accade? È facile supporre, del resto, che la ragione sia la stessa per cui altri, in contesti diversi, ma in questo nostro stesso tempo, sentono un analogo bisogno di immagini ugualmente evocative e potenti, di mitologemi dicono gli esperti, per non “disunirsi”, per dare un senso alla propria esistenza. E non può essere solo un altro caso, se film recenti che parlano di guerre, assedi e macerie eleggono il mare a luogo mitico e salvifico. In La terra promessa di Nikolaj Arcel oppure in I bambini di Gaza è appunto la terra la misura di tutte le cose. Infatti viene essa stessa ossessivamente misurata, in lungo e in largo, e quindi delimitata e difesa. Ma è il mare lo spazio a cui
Mezzogiorno in una visione europea e mediterranea. A decidere per il riconoscimento è stata la commissione giudicatrice del Premio composta, tra gli altri, dal ministro per il Sud, il presidente del Cnr, il rettore della Federico II e il presidente della Fondazione Banco di Napoli. La cerimonia di consegna del Premio Dorso avrà luogo giovedì 10 ottobre alle ore 16 a Roma, al Senato della Repubblica, nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani idealmente si tende, perché infinito, libero e mai riconducibile alla esclusiva dimensione del potere.
Il ritorno alla madre è però qualcosa più di questo. È qualcosa che riporta direttamente alle parole degli esordi - “mamma-mammà-mammì-ma’, elenca Starnone - e poi a quel lessico famigliare che ci ha introdotti prima nel privato più intimo e poi nel pubblico delle relazioni sociali. Mamma non è solo la prima parola che diciamo. Spesso è anche l’ultima. E nel mezzo è quella che non raramente finiamo per detestare. Anche Elena Ferrante ha parlato in questi termini della madre. E guarda caso proprio come Starnone, confessando quasi con le stesse parole che l’idea di perderla le provocava «uno stato permanente d’ansia» e per venirne fuori doveva «degradarla». Fino a quando, però, non si è resa conto che per trovare sé stessa doveva trovare lei, la madre, «e accoglierla e amarla come succedeva da bambina». Solo a quel punto, - ha spiegato - «mi sono acquietata». Perché «se tornare dentro mia madre era impossibile, possibilissimo era invece che fin dalla nascita lei fosse dentro di me». Potrebbe essere questo, allora, il senso di una coincidenza che forse solo letteraria non è. In tempi di certezze già perse e di ansie per poterne perdere altre e altre ancora, forse Franchini e Starnone riflettono null’altro che un bisogno più generale. Quello di ritrovarsi in qualche modo. Di reinventare la togheterness, come si dice ora, lo stare insieme. E di provarci - perché no? - proprio cominciando da una città come Napoli. Che non è solo bella e verace. Ma è anche di terra e di mare.