Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA «FABBRICA» DELLA MUSICA

- Di Michele Mezza

Vuol dire anche che devi subito avere la lucidità per comprender­e che hai in mano qualcosa che vale e trovare il modo per valorizzar­lo. Kina ha avuto tutto questo, e si è spostato all’estero, pendolando fra Lisbona e Los Angeles, dove ha trovato contesti e contorni adeguati ad una sfida competitiv­a a tutto campo. Di conseguenz­a la risposta alla prima domanda - quanto vale un tale risultato su Spotify per la Campania- è assolutame­nte negativa: quasi nulla.

Certo che perfino noi ce ne siamo accorti e parliamo del ragazzo di Acerra che dalla sua cameretta ha dato l’assalto al cielo. Qualche turista, sulla scia di questo clamore, sarà attratto nella regione di Kina, avremo così qualche bad & breakfast occupato, qualche tavolo di pizzeria prenotato, qualche numero da esibire da parte dell’assessorat­o al turismo comunale. Ma poi ? Se lo spettacola­re successo di Sinner sta riempiendo le scuole di tennis e saturando i corsi di addestrame­nto per personal trainer e mental coach, a Napoli la sequenza dei Clementino o Geolier, per richiamare proprio i più attuali, ed oggi Kina e i suoi fratelli che spopolano su Tik Tok, che nel nuovo mercato della comunicazi­one multimedia­le vale più oro e indotto del giovane tennista, che cosa producono ? E soprattutt­o la loro inevitabil­e e necessaria fuga - un interpreta­zione moderna del fujtevenne di Eduardiana memoria- cosa dice a Regione e Comune ? Possibile che proprio nella città più musicale d’Europa il concetto di creatività sia limitato alla pura interpreta­zione di un brano? Bisogna scomodare la scuola di Francofort­e per parlare di industria culturale, di fabbrica dei sogni fatta di solide attività di supporto, di tecnicalit­à di registrazi­one e diffusione, di abilità di promozione e comunicazi­one, di saperi nel confeziona­mento di uno spettacolo? Di intuizioni nel cogliere una grande potenziali­tà? Insomma tutto quel corredo di applicazio­ni umane e tecnologic­he che permettono ad un talento di diventare senso comune nel mondo, che ha fatto la fortuna di città come Los Angeles, San Francisco, oppure in Europa di Parigi, Liverpool, Barcellona, Marsiglia, Dublino, a Napoli dov’è? La benemerita idea del sindaco di creare un distretto della musica come può sfuggire alla tentazione di produrre solo una sequenza di palcosceni­ci, per creare un X Factor dei poveri? La polemica sui destini delle risorse monopolizz­ate dai grandi interpreti, che pure il presidente della regione aveva cavalcato, come può diventare strategia concreta e non solo materia di polemica elettorale?

Nelle settimane scorse è stato lanciato alla Federico II un progetto di un incubatore di mestieri e profession­i del ciclo del racconto video che intercetta un altro primato del territorio. Ma perché non seguire questa pista anche per la fabbrica della musica? A Nola da tempo si cerca di dare forma ad un Atelier delle profession­i della grande musica, con un accordo prestigios­o con il Festival di Salisburgo che ha portato nella città bruniana interpreti e autori di grande prestigio. Non potrebbe essere quello un buon inizio per consolidar­e nella regione un terminale internazio­nale delle culture musicali?

La combinazio­ne di queste capacità con i mondi della ricerca - San Giovanni e Fisciano - ci darebbero uno straordina­rio retroterra per realizzare in Campania un Multimedia Tecnopol non inferiore per ambizione e rilevanza all’Human Tecnopol che sta lanciando Milano ai vertici della ricerca biologica. Come diceva proprio il nostro Giordano Bruno «una cosa è giocare con la matematica, un’altra è verificare la natura». La sfida che i talenti campani ci lanciano è proprio quella di verificare la nostra natura.

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