Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Scatta un selfie per ogni pestaggio, i carabinieri trovano il cd dell’orrore «Ha vissuto un anno di violenze»
La penalista Palombi (le Guerriere) e il dramma della donna dei Colli Aminei «Denunciare subito non è facile, lo fai quando capisci che sei vicina alla morte»
trebbero morire, oppure esplodono quando l’uomo maltrattante tocca i figli. È un punto di non ritorno e non si fermano; non ci può essere parente che tenga per fermarle».
Eppure di violenza si parla e anche molto. Perché si fa fatica a reagire?
«Tante donne quando vedono servizi in tv pensano che è un racconto e quando poi ci sono dentro fanno fatica a liberarsi. Spesso si resta la violenza è trasversale: fisica psicologica ed economica. Molte donne dipendono dagli uomini, o sono ridotte dalle loro vessazioni a credere che sono delle nullità. Non sanno che c’è nei centri antiviolenza possono contare sul gratuito patrocinio, su consigli...».
Temono di perdere i figli?
«Sì, e temono l’intervento degli assistenti sociali, che arrivano a gamba tesa, certo. E trovano situazioni difficili, anche uomini che fanno assumere sostanze a donne che diventano pericolose per sé e i figli. Ma ormai dalla violenza si può uscire, le Procure hanno sezioni specializzate e le forze dell’ordine “stanze rosa” e personale formato».
Nel 2024 c’è chi pensa che, nonostante tutto, sia meglio restare in coppia?
«Non solo la donna lo pensa, ma c’è il problema di un retaggio culturale radicato. Molte famiglie dicono; “vai a denunciarlo? Che vergogna. Te lo sei scelto e te lo devi tenere”. Perciò faccio formazione nelle scuole fin dalla quinta elementare dove porto il libro Amore senza lividi: nove storie di riscatto delle guerriere. E capita che siano i bambini a chiedere aiuto per le loro mamme e a capire che i centri antiviolenza non sono posti di polizia, ma indirizzi utili per avere sostegno».