Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Gaetano Pesce lascia a Napoli il «cuore» L’opera in Villa Comunale
Appunti inediti Performance per l’inaugurazione Un’orchestra di sole donne che esegue il Bolero di Ravel
Gaetano Pesce ha lasciato a Napoli il suo grande cuore. Alla lettera. L’artista e visionario designer scomparso ieri a 84 anni, fino a poche ore prima di morire, infatti, ha lavorato alla sua grande installazione napoletana che prevede anche un cuore alto cinque metri. Titolo Tu si ‘na cosa grande, tappa del progetto di pubblic art «Napoli contemporanea», voluto da Palazzo San Giacomo e a cura di Vincenzo Trione.
L’installazione, in un primo momento ideata per la Rotonda Diaz, nella descrizione dello stesso artista con la sua curatrice Silvana Annicchiarico, è questa: «Due sculture: la prima, l’abito di Pulcinella in tela bianca su una struttura metallica sottile alta 12 metri e mantenuta in equilibrio da cavi su cui si attorcigliano fiori sintetici di diversi colori. Di notte questo grande abito è illuminato dall’interno. Di fronte all’abito un cuore rosso alto 5 metri, a sua volta illuminato internamente nelle ore notturne e trafitto da una freccia metallica che lo sostiene, conficcata su una piattaforma di legno di forma triangolare alta 50 centimetri».
Ebbene tutto questo non andrà perso, l’opera sarà installata nella Villa Comunale, lo assicura il sindaco Gaetano Manfredi esprimendo il suo cordoglio: «La scomparsa del maestro Pesce ci addolora profondamente: artista immaginifico e instancabile sperimentatore, nella sua opera ha saputo coniugare i linguaggi dell’arte, dell’architettura e del design. Valuteremo come valorizzare in ogni caso la sua opera, un lavoro imponente e al contempo delicato, che avrebbe parlato della nostra città, accostando all’archetipo della maschera un cuore vivo e pulsante, simbolo del legame con il nostro territorio».
Nato a La Spezia nel 1939, lo scultore era infatti di origini campane. «I nonni di Pesce — racconta Vincenzo Trione — erano sorrentini e lui sentiva molto l’eredità di radici salde nella terra e acqua del Golfo dove ogni anno ritornava per qualche tempo d’estate. L’artista era legatissimo a Napoli anche se paradossalmente nella sua vita non aveva mai lavorato in città».
L’opera partenopea nasceva proprio da questo legame e ora che il grande creativo non c’è più, il fatto che abbia dedicato gli ultimi gesti alla sua realizzazione assume una potenza simbolica: un atto estremo di vita che si ricongiunge alle origini. Possiamo leggerlo così? «È come un ritorno a casa — dice il critico — per un artista che aveva un profondo senso delle radici: di Napoli conosceva i posti più segreti e amava in particolar modo il complesso degli Incurabili. Oltre un anno fa, io e Silvana Annicchiarico andammo da lui al Salone del Mobile efu subito entusiasta della nostra sollecitazione a lavorare a Napoli».
Nel cambio di sito, la terra ci ha messo il suo. «A settembre — continua Trione — nella fase più acuta del bradisismo, la Rotonda Diaz rientrò nei piani di evacuazione. Si è reso necessario dunque trovare un’altra destinazione. Stiamo facendo le ultime verifiche per la sua installazione nella Villa Comunale dove sarà offerto all’interazione del pubblico per tre mesi».
E dopo? «Il Cuore certamente resterà a Napoli: stiamo studiano ipotesi per la sua collocazione definitiva; il Pulcinella invece con i suoi 12 metri d’altezza è una sorta di grattacielo ed è impossibile ipotizzare una sua stanzialità permanente. L’opera esprime l’anima popolare, anzi pop della cultura napoletana: le
due strutture sono una proposta ludica, nient’affatto intellettualistica, una sorta di Luna Park che risvegli una dimensione giocosa».
L’inaugurazione, infatti, prevedeva anche un momento performativo. «Sì, non so come potremo rileggerlo in modalità postuma, certamente cercheremo di rispettarne lo spirito».
Come avrebbe dovuto essere questa nota d’avvio del suo gigantesco dittico, Gaetano Pesce l’aveva scritto in alcuni appunti inviati allo stesso Trione. E che grazie a lui vi proponiamo: «Evento per la serata di inaugurazione... dura un po’ più di 17 minuti. La piazza è divisa in alcuni settori. Quelli per il pubblico, per il Pulcinella, quello per il cuore trafitto e quello per un’orchestra tutta al femminile con la sua conduttrice. L’orchestra esegue per circa 17 minuti il Bolero di Ravel, con l’energia della musica che cresce. Durante questo intervallo di tempo, Pulcinella cambia abito: lentamente sale attorno al bianco un abito multicolor e voluminoso. Contemporaneamente, con dei leggeri battiti, sale la luce nel cuore. Verso i quattordici minuti entrano in fila dei giovani ognuno portando un anello di una lunga catena. Verso i 16 minuti iniziano a segare un anello della grossa catena che si spezza nello stesso momento in cui la musica finisce. Durante la performance delle telecamere fanno degli zoom sulle musiciscorso ste, su Pulcinella, sulla conduttrice, sul cuore e infine sui giovani che segano la catena, il tutto riprodotto su grandi schermi».
Sono l’ultima consegna dell’artista iconoclasta che aveva dedicato gran parte della sua riflessione al femminile (come nella poltrona antropomorfa Up5, simbolo delle schiavitù a cui la società contemporanea assoggetta la donna) presente anche in questa «azione» pensata per Napoli.
Gaetano Pesce dal 1983 viveva e lavorava a New York, in uno studio a Soho e poi al Brooklyn Navy Yard. Ed è morto lì, lavorando al «cuore di Napoli». Una consegna davvero simbolica: «Proprio così — conclude Trione —, questa è in assoluto la sua ultima opera e ora appare come l’involontario compimento di un percorso biografico ed artistico».
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