Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Vi racconto mio nonno, l’uomo che uccise Pascalone ‘e Nola»
«Anch’io sono in quello sparo, nel polso trapassato da parte a parte. Forse questo è il motivo che mi ha spinto a tornare, a tracciare i confini di chi sono». Il polso in questione era quello di Pascalone ‘e Nola, famoso capo camorra dell’era precutoliana; la pistola da cui il colpo partì apparteneva al boss di Marano Carlo Gaetano Orlando, detto Tanino ’e Bastimento. Il colpo attraversò il polso e si conficcò nell’addome, uccidendo Pascalone. Sua moglie Pupetta Maresca a sua volta uccise quello che riteneva il mandante dell’omicidio.
È tutta nella frase sopra citata la necessità narrativa di Francesco Aloia, venticinquenne di Marano, studi alla scuola Holden di Torino, che firma per Nutrimenti Questo sangue masticato, un romanzo d’esordio potente non solo per la materia scelta, ma anche per la solida impalcatura narrativa e una lingua schietta, efficace e senza fronzoli. Aloia è il nipote di Tonino ‘e Bastimento, ma non ha mai conosciuto suo nonno se non dai racconti familiari. La sua prospettiva è tutta interna alla materia e di sicuro insolita rispetto alle narrazioni criminali che si sono diffuse in questi anni. Senza giudicare ma anche senza assolvere, Aloia affronta l’argomento con una prospettiva più letteraria che moralistica. Mostrando però senz’altro il coraggio di svelarsi.
«Non mi sento coraggioso», spiega. «Nel romanzo il personaggio che meno si espone è proprio il mio. Però mi serviva per creare un contrappunto con la figura ad alto impatto di mio nonno».
La scelta di raccontare questa storia familiare così forte è stata però consapevole?
«Certo, ho cercato di sfruttare le spalle larghe di Tanino ‘e Bastimento. Ho provato a non giudicare, ma ad entrare in certi meccanismi, a capire».
La sua famiglia ha letto il libro prima della pubblica
Professionale della Regione Campania, Premio categoria Istituzioni; Tiuna Notarbartolo giornalista e direttrice del Premio Elsa Morante, premio categoria Giornalismo; Giovanna Scala, dirigente scolastico, Premio categoria Istruzione; Elena Campanile scrittrice, Premio categoria Letteratura – Luigi di Raffaele; Marcella Marconi, professoressa, premio categoria Ricerca e Università; Irma
Testa, campionessa olimpionica di pugilato, Premio categoria Sport. Alla cerimonia di premiazione, presentata da Simonetta De Chiara Ruffo, interverranno anche Emanuela Ferrante, assessore allo Sport e Pari Opportunità del Comune di Napoli e l’attrice Rosalia Porcaro. Madrina della manifestazione l’artista Masa. ( .) la camorra, quella rurale, per così dire. In modo contorto, c’era tra i camorristi chi pensava di fare del bene alla collettività. Ovviamente poi morivano persone, è chiaro che per me è sempre stato inaccettabile. Ma ho iniziato a capire come funzionava, che presa aveva sulla gente».
Prima dell’assassinio di Pascalone, suo nonno colpì a morte una neonata. Questo è un punto nodale del libro.
«Sì, l’ho piazzato come spartiacque. Era un episodio perfetto sul piano simbolico per inquadrare la “maledizione” di Tanino. Tra l’altro, io l’ho scoperto tardi, in famiglia il fatto veniva taciuto ai più piccoli. Poi l’ho saputo e mi sono informato nei dettagli. Al processo la mamma della bambina difese Tanino, disse che era stato un incidente e in un secondo momento gli fece addirittura battezzare una seconda figlia che aveva avuto».
Nel romanzo si avverte un legame ancora forte con la sua terra, nonostante sia andato via.
«Io sono fuggito, non volevo restare qui. Quel legame l’ho ripreso, dopo diverso tempo passato a distanza, proprio attraverso la conoscenza più approfondita di mio nonno e della famiglia. Prima mi capitava spesso di starmene zitto in mezzo a loro, ora mi sono in qualche modo armonizzato con la mia casa».
Non c’è il rischio di rendere epiche certe imprese criminali?
«Non è quello che voglio. Quando scrivevo avevo in mente autori come Faulkner, che raccontano il dolore e la catarsi».
Cosa pensa della tendenza di una certa narrativa a esibire Napoli criminale?
«Non mi piace, la trovo banale, penso ad esempio alla serie “Mare fuori”. “Gomorra” mi piace ma il movimento che ha generato tende solo a spettacolarizzare il male». Nel romanzo di Aloia, invece, su tutto prevale l’umanità, e quella di Tanino l’assassino, alla fine, desolatamente, «resta pur sempre la voce di un vecchio».