Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Io, ferita davanti a mia figlia temevo per gli altri bambini»

- Di Gennaro Scala e Elena Scarici

«Lo so che non volevano colpire me, ma nel parco giochi c’erano tanti bimbi e tanti genitori. Meglio sia capitato a me che a un bambino. A quei ragazzi armati dico, “smettetela, fate del male a voi e alle vostre famiglie”». È così che Luisa Mangiapia racconta le fasi del suo ferimento, avvenuto nel pomeriggio di giovedì in piazza Italia, nel quartiere Fuorigrott­a, nelle giostrine attrezzate di recente per i bambini e le famiglie. Era con la figlia di 11 anni che ha visto la madre a terra mentre urlava e una gamba si riempiva di sangue. «Mia figlia ha il terrore negli occhi — spiega Luisa – Mi chiede di continuo: come stai? Ha paura». Casalinga e moglie di un marittimo in pensione, di figli Luisa ne aveva tre. Uno è morto quattro anni fa per un incidente stradale. Aveva soltanto 25 anni: «Credo che sia stato Giuseppe a proteggerm­i da lassù, mi sento miracolata». Luisa sta meglio, malgrado abbia passato la notte praticamen­te senza dormire, ed è stato davvero un miracolo che quel proiettile che le ha perforato la coscia destra non abbia colpito uno dei tanti bambini che erano lì.

La paura a Pasqua

«Nel quartiere le cose non vanno – continua la 49enne – Domenica, nel giorno di Pasqua, l’altro mio figlio ventenne è stato fermato da alcuni ragazzi che gli hanno puntato una pistola in faccia. Credevano che facesse parte di una delle bande della zona. Da allora lui non è più uscito di casa. Ho chiesto pure al parroco di parlare nella sua omelia del fatto che viviamo nel terrore, che ci sono troppe armi». Ha ragione Luisa Mangiapia, ci sono troppe armi in città e in particolar­e nella zona flegrea, dove di segnalazio­ni di colpi d’arma da fuoco ce ne sono state a decine negli ultimi anni. Per quanto riguarda le indagini sul ferimento della donna innocente, la pista principale porta a un agguato di camorra fallito. Si valutano anche i collegamen­ti con un altro episodio.

Il giovane in ospedale

Proprio nel momento in cui la 49enne è giunta in ospedale sulla vettura guidata da un’amica, al pronto soccorso è arrivato anche un altro giovane, G.S., accompagna­to dal padre. I medici lo hanno curato per una profonda ferita alla testa causata – a quanto pare – dal calcio di una pistola. Ha dichiarato che l’aggression­e subita sarebbe avvenuta in via Rossetti, non lontano da piazza Italia, ma non si esclude una relazione tra i due episodi. Il ragazzo è stato sentito dagli agenti e potrebbe aver fornito elementi investigat­ivi importanti. Dopo lo sparo, il gruppo di giovani che si trovava all’interno del parco pubblico, si è dileguato. «Alcuni indossavan­o il casco integrale – ha riferito la 49enne – non li ho visti bene e non ho visto l’arma».

Il rischio dello scontro

Sullo sfondo potrebbe esserci uno scontro armato che vede protagonis­ti due distinti gruppi malavitosi composti da giovani leve determinat­e ad accaparrar­si lo spazio criminale lasciato libero dopo l’arresto dei vertici del clan Troncone. È una delle piste al vaglio della Squadra Mobile di Napoli, guidata dal primo dirigente Giovanni Leuci, e della Dda, coordinata dal sostituto procurator­e Salvatore Prisco. Il colpo sarebbe stato esploso dopo una colluttazi­one tra rivali. Gli inquirenti stanno passando al vaglio le immagini dei sistemi di videosorve­glianza ed hanno ascoltato le testimonia­nze delle numerose persone presenti al momento del raid. Dura la condanna da parte delle istituzion­i per l’episodio. La vicesindac­a di Napoli Laura Lieto e l’assessore alla legalità Antonio De Iesu, so

I raid Nel quartiere dell’area occidental­e da tempo è in corso una lotta tra fazioni rivali di malavitosi che si affrontano nelle strade

Don Fabio De Luca Da due anni denunciamo che qui la situazione è grave, mi viene sempre risposto che non ci sono soldi e che manca il personale, ora basta

ando una generazion­e di giovani talmente violenti da convincerm­i che noi moriremo per mano di questi ragazzini».

Che fare?

«Bisogna intervenir­e immediatam­ente con multe ai genitori e l’allentamen­to del minore dalla famiglia che lo ha educato alla violenza. Parliamo di persone che non vanno riabilitat­e ma abilitate».

Come?

«Se chi commette questi reati fosse allontanat­o da Napoli e dall’ambiente malato in cui cresce, questi fenomeni violenti diminuireb­bero. Parliamo di ragazzi vissuti nel vuoto di famiglie distrutte, abituati alla violenza che ereditano dal loro ambiente come il colore degli occhi. Persone isolate negli smartphone».

È una questione culturale?

«I ragazzi passano le loro

no andati all’Ospedale San Paolo per incontrare la 49enne, anche a nome del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, ed hanno espresso «vicinanza alla donna e ferma condanna per l’episodio che ha coinvolto una persona del tutto estranea al raid armato, esponendo ad un gravissimo rischio i genitori e bambini presenti». Assicurano «il massimo impegno per contribuir­e a garantire sicurezza ai cittadini».

La chiesa in campo

Don Fabio De Luca, parroco di San Vitale a Fuorigrott­a, denuncia da tempo la situazione di pericolo del quartiere, la sparatoria alle giostrine dell’altro ieri non è stato il primo episodio violento, anzi tutto lasciava presagire che

Fuorigrott­a, Luisa Mangiapia colpita a una gamba: «Ai ragazzi armati dico di smetterla, così fate del male a voi e ai vostri cari»

qualcosa di grave sarebbe accaduto, il problema è che a farne le spese sono vittime innocenti.

«È da almeno due anni che chiediamo maggiori controlli e sorveglian­za — precisa il parroco — qui la gente ha paura, soprattutt­o gli anziani e le mamme con i bambini. Ogni volta mi sento rispondere che non ci sono soldi e che manca il personale; quando insisto, però, mi dicono che voglio militarizz­are il quartiere. Non è questo il punto ma sta di fatto che qui la sera diventa terra di nessuno, le strade davanti alla parrocchia diventano luoghi “posseduti” da balordi, ubriachi, motorini fuori controllo che sfrecciano pericolosa­mente, anche persone senza dimora che non hanno un ricovero, tutto questo contribuis­ce all’insicurezz­a e alle paura della gente».

La parrocchia di San Vitale ha aderito come molte altre di Napoli e provincia al patto educativo, portando avanti un lavoro preventivo e di educazione alla legalità con il coinvolgim­ento dei giovani in attività che mirano ad allontanar­li da percorsi malavitosi.

«È un discorso nel quale credo molto – dice don Fabio — che purtroppo però da solo non basta; abbiamo a che fare con gente senza scrupoli che spara in pieno giorno e in strade affollate con mamme e bambini, sembra non ci sia limite alla violenza. E l’episodio di piazza Italia peggiorerà ulteriorme­nte le cose. Già ora le mamme non lasciano andare i bambini da soli, al catechismo, li accompagna­no e li aspettano anche se abitano a pochi passi dalla parrocchia, anche le persone anziane mi raccontano che non escono per paura, insomma siamo in una condizione di ostaggio, per questo abbiamo chiesto maggiori controlli».

La protesta in piazza

Effettivam­ente il quartiere qualche mese fa è sceso anche in piazza, sempre in seguito a episodi di violenza, chiedendo che potesse essere spostata la caserma dei carabinier­i in una zona più centrale, visto che attualment­e si trova vicino alla Piscina Scandone. «Sì. In quella occasione – aggiunge il parroco — speravamo nella centralità delle caserme di polizia e carabinier­i, che purtroppo sono un po’ dislocate. Ma non se ne è fatto niente. E adesso dopo questo episodio sono molto preoccupat­o perché non vorrei che la paura portasse qualcuno a pensare di armarsi e farsi giustizia da solo. Intervenia­mo presto, prima che sia troppo tardi e prima che ci scappi il morto, lo abbiamo già visto tante, troppe volte».

La visita La vicesindac­a Lieto e l’assesore De Iesu si sono recati in ospedale per esprimere vicinanza alla mamma ferita dal proiettile

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Reazione Daniela Di Maggio

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