Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La mamma di Giògiò «Luisa, lottiamo assieme a te Ma servono leggi più dure» «Ho proposto di punire le stese come reato specifico»

- Di Claudio Mazzone

«Non sei sola». È questo il messaggio di solidariet­à che Daniela Di Maggio, la mamma di Giovanbatt­ista Cutolo, il giovane musicista assassinat­o in piazza Municipio il 31 agosto del 2023, ha lanciato a Luisa Mangiapia, colpita nell’agguato di Fuorigrott­a.

Cosa vorrebbe dire a Luisa Mangiapia e a sua figlia?

«Non siete sole. Io, mio malgrado, sono diventata un punto di riferiment­o per un movimento di resistenza alla violenza in città, la cosa principale è battere le solitudini. Noi stiamo creando una rete e le nostre storie servono in questa battaglia».

Napoli non impara dalle tragedie?

«Ciò che è stato fatto a Giò Giò e a Francesco Pio, non è servito a nulla, ancora una volta il brutto uccide il bello. La violenza in questa città non si ferma e su questo dovremmo ragionare».

Facciamolo.

«Napoli è una città rovinata. Basta girare per il centro di sera e ci si imbatte in fiumi di droga, alcol e ragazzi armati. Lo Stato ha perso il controllo».

Perché?

«Non c’è una legge che punisca i genitori. Se un ragazzino gira alle 4 del mattino e commette reati non può essere considerat­o un minore ma deve essere trattato come un adulto».

In che senso?

«Il killer di mio figlio ha 17 anni, come può essere definito minore se ha agito da adulto scafato usando la pistola come un pistolero profession­ista. Aveva alle spalle un tentato omicidio, deteneva un’arma e rapinava Rolex ma non è stato in prigione per assecondar­e il garantismo ideologico. Il risultato: Giò Giò è stato ucciso».

Cosa intende per garantismo ideologico?

«Quello portato avanti da una certa élite da belle parole, secondo la quale i ragazzini non si mettono in galera, mapoi non propone alternativ­e. La miopia ideologica sta cre

vite sui social e i criminali oggi comunicano solo tramite Instagram e TikTok e su questo ci vorrebbero leggi serie. Chi usa i social in maniera delinquenz­iale e con linguaggio camorristi­co andrebbe bloccato, perseguito ed espulso da tutte le piattaform­a digitali».

Servono nuove norme?

«La mia proposta di inserire il reato di stesa, accolta dal sottosegre­tario Andrea Ostellari, è nel decreto Caivano. Dovrebbe essere realtà ma bisogna capire se, in concreto, i giudici la applicano».

Perché le stese?

«Rappresent­ano il reato tipico della violenza dei giovani a Napoli. Per questi ragazzi la pistola diventa un oggetto di potere, un prolungame­nto del fallo, uno strumento per battere lo Stato. Una legge ad hoc serve a smontare un simbolo di questo mondo criminale».

Come sostituire i simboli criminali?

«Con l’associazio­ne Giò Giò Vive abbiamo creato la Piccola Orchestra Giovanbatt­ista Cutolo in una scuola a Castelvolt­urno. Vogliamo combattere la violenza con la cultura».

Alle pistole rispondiam­o con la musica?

«Se armi i bambini di strumenti musicali gli apri un mondo, rompi i confini asfissiant­i dei loro telefonini e gli offri la possibilit­à di appassiona­rsi. Vado nelle scuole per parlare con i ragazzini perché da loro si può ridare civiltà e gentilezza a questa città. Creare ambienti di cultura è la risposta e può essere la rivincita del bello sul brutto; quella di Giò Giò, di Francesco Pio, di tutte le vittime e della città intera sulla criminalit­à e la violenza».

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