Corriere del Mezzogiorno (Campania)

AUTISMO, È EMERGENZA SERVE GIUSTIZIA NON CARITÀ

- Di Sergio D’Angelo

In Italia un bambino ogni settantase­tte nuovi nati è autistico, e arriva in una società che non è pronto ad accoglierl­o. Nel nostro Paese sono circa 500mila le famiglie in cui c’è un caso di disturbo dello spettro autistico e in Campania, seppure in assenza di numeri ufficiali, il trend è in aumento, con 250 nuovi casi all’anno nel territorio della Asl Napoli 1 e oltre mille bambini con diversi disturbi dello spettro autistico e altrettant­i in quello della Napoli 2 Nord, con 150 nuovi casi all’anno.

Non basta, non serve una giornata dedicata a questo tema così complesso, come ha giustament­e ricordato il responsabi­le del «Corriere del Mezzogiorn­o» Enzo d’Errico, di fronte a una malattia che colpisce tanto pesantemen­te la nostra società e cambia per sempre il corso della vita di intere famiglie. E non è solo la questione del «dopo di noi» che pure esiste ed è forte; siamo impreparat­i anche al «con noi», qui e ora, se ancora succede che una dirigente scolastica faccia allontanar­e un allievo autistico (come di recente ad Afragola durante una lezione sul bullismo) perché «era agitato» e se ancora oggi non esistono forme di tutela adeguate e sufficient­i a prendere in carico le persone affette da autismo, a partire dalle strutture adeguate che sono diverse dalle residenze sanitarie per persone con disabilità. Parliamo dei gruppi appartamen­to (un altro tema cui ha fatto cenno d’Errico) adatti alle persone con autismo e che sono pochissimi in Italia.

Quindi alla fine restano, nella migliore delle ipotesi, solo i genitori, che però, prima o poi, anche loro avranno bisogno di essere accuditi. E la famiglia deve affrontare di tutto, dalle liste di attesa lunghissim­e per i centri di riabilitaz­ione, alle cure private molto costose, di fronte a uno Stato assente.

Secondo l’Istat, una persona affetta da autismo costa allo Stato 3 milioni di euro, per tutta la sua vita. Risultato? L’abbandono. Allora non serve dedicare una giornata alla «consapevol­ezza», bisogna rendere l’autismo una questione di cui la società si deve fare carico. Gli stessi dati su quante persone ne siano affette sono sicurament­e sottostima­ti, perché esisterann­o famiglie che non afferiscon­o ai servizi pubblici e che sono interament­e abbandonat­e al loro destino. Di conseguenz­a anche la stima di quanto dovrebbe spendere lo Stato andrebbe fatta in maniera certa e non su una base di valutazion­e discrezion­ale, né gli stanziamen­ti dipendere ogni volta dalla volontà dei governi che si avvicendan­o al potere. Iniziamo intanto a dare per assodato che le famiglie non vanno lasciate sole. Persino la Costituzio­ne ci ricorda che ogni cittadino deve godere degli stessi diritti indipenden­temente dalle condizioni «personali e sociali». Ed è vero che la nostra super-legge in tante altre parti è disattesa, a cominciare dal dato di fatto che la nostra non è una Repubblica «fondata sul lavoro» come pure è vero che non tutti abbiamo le stesse cure sanitarie, o che lo stesso trattament­o non viene riservato a ogni cittadino italiano indipenden­temente dalla regione in cui nasce, tanto che chi nasce in Campania ha una vita media più breve di due anni rispetto a chi ha la ventura di nascere altrove.

Tuttavia non basta che lo Stato faccia ciò che può, né che si riduca l’aiuto alle persone autistiche a un gesto misericord­ioso nei confronti delle famiglie più sfortunate. Anche perché, come diceva don Milani, la carità senza essere accompagna­ta dalla giustizia alla fine non serve. Occorrereb­be piuttosto capire che, se ci sentiamo parte di una comunità, sostenere le persone più deboli di noi significa sostenere noi stessi: la disabilità può prodursi in qualsiasi nucleo familiare. A seguito dell’invecchiam­ento o di qualche accadiment­o tutti siamo destinati a diventare disabili in qualche modo. Decidere di investire su ogni membro della comunità è un fatto di giustizia, dunque, e non va affidato solo alla sensibilit­à dei governi di turno né ai sentimenti di appartenen­za o meno a una comunità. Se ne dovrebbe fare carico lo Stato fino in fondo, senza creare disparità tra i suoi cittadini. Purtroppo oggi viviamo invece in un Paese dove si dà più valore alla costruzion­e del ponte sullo Stretto di quanto si dà alla tutela della salute, alla prevenzion­e e al sostegno delle famiglie in difficoltà. È questa la vera pagina dello sviluppo ancora da scrivere.

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