Corriere del Mezzogiorno (Campania)
AUTISMO, È EMERGENZA SERVE GIUSTIZIA NON CARITÀ
In Italia un bambino ogni settantasette nuovi nati è autistico, e arriva in una società che non è pronto ad accoglierlo. Nel nostro Paese sono circa 500mila le famiglie in cui c’è un caso di disturbo dello spettro autistico e in Campania, seppure in assenza di numeri ufficiali, il trend è in aumento, con 250 nuovi casi all’anno nel territorio della Asl Napoli 1 e oltre mille bambini con diversi disturbi dello spettro autistico e altrettanti in quello della Napoli 2 Nord, con 150 nuovi casi all’anno.
Non basta, non serve una giornata dedicata a questo tema così complesso, come ha giustamente ricordato il responsabile del «Corriere del Mezzogiorno» Enzo d’Errico, di fronte a una malattia che colpisce tanto pesantemente la nostra società e cambia per sempre il corso della vita di intere famiglie. E non è solo la questione del «dopo di noi» che pure esiste ed è forte; siamo impreparati anche al «con noi», qui e ora, se ancora succede che una dirigente scolastica faccia allontanare un allievo autistico (come di recente ad Afragola durante una lezione sul bullismo) perché «era agitato» e se ancora oggi non esistono forme di tutela adeguate e sufficienti a prendere in carico le persone affette da autismo, a partire dalle strutture adeguate che sono diverse dalle residenze sanitarie per persone con disabilità. Parliamo dei gruppi appartamento (un altro tema cui ha fatto cenno d’Errico) adatti alle persone con autismo e che sono pochissimi in Italia.
Quindi alla fine restano, nella migliore delle ipotesi, solo i genitori, che però, prima o poi, anche loro avranno bisogno di essere accuditi. E la famiglia deve affrontare di tutto, dalle liste di attesa lunghissime per i centri di riabilitazione, alle cure private molto costose, di fronte a uno Stato assente.
Secondo l’Istat, una persona affetta da autismo costa allo Stato 3 milioni di euro, per tutta la sua vita. Risultato? L’abbandono. Allora non serve dedicare una giornata alla «consapevolezza», bisogna rendere l’autismo una questione di cui la società si deve fare carico. Gli stessi dati su quante persone ne siano affette sono sicuramente sottostimati, perché esisteranno famiglie che non afferiscono ai servizi pubblici e che sono interamente abbandonate al loro destino. Di conseguenza anche la stima di quanto dovrebbe spendere lo Stato andrebbe fatta in maniera certa e non su una base di valutazione discrezionale, né gli stanziamenti dipendere ogni volta dalla volontà dei governi che si avvicendano al potere. Iniziamo intanto a dare per assodato che le famiglie non vanno lasciate sole. Persino la Costituzione ci ricorda che ogni cittadino deve godere degli stessi diritti indipendentemente dalle condizioni «personali e sociali». Ed è vero che la nostra super-legge in tante altre parti è disattesa, a cominciare dal dato di fatto che la nostra non è una Repubblica «fondata sul lavoro» come pure è vero che non tutti abbiamo le stesse cure sanitarie, o che lo stesso trattamento non viene riservato a ogni cittadino italiano indipendentemente dalla regione in cui nasce, tanto che chi nasce in Campania ha una vita media più breve di due anni rispetto a chi ha la ventura di nascere altrove.
Tuttavia non basta che lo Stato faccia ciò che può, né che si riduca l’aiuto alle persone autistiche a un gesto misericordioso nei confronti delle famiglie più sfortunate. Anche perché, come diceva don Milani, la carità senza essere accompagnata dalla giustizia alla fine non serve. Occorrerebbe piuttosto capire che, se ci sentiamo parte di una comunità, sostenere le persone più deboli di noi significa sostenere noi stessi: la disabilità può prodursi in qualsiasi nucleo familiare. A seguito dell’invecchiamento o di qualche accadimento tutti siamo destinati a diventare disabili in qualche modo. Decidere di investire su ogni membro della comunità è un fatto di giustizia, dunque, e non va affidato solo alla sensibilità dei governi di turno né ai sentimenti di appartenenza o meno a una comunità. Se ne dovrebbe fare carico lo Stato fino in fondo, senza creare disparità tra i suoi cittadini. Purtroppo oggi viviamo invece in un Paese dove si dà più valore alla costruzione del ponte sullo Stretto di quanto si dà alla tutela della salute, alla prevenzione e al sostegno delle famiglie in difficoltà. È questa la vera pagina dello sviluppo ancora da scrivere.