Corriere del Mezzogiorno (Campania)
COME CAMBIA IL LAVORO
Negli anni Duemila sì è andata via via invertendo una tendenza che appariva consolidata. Complice la mancanza del lavoro al Sud, la volontà di tanti ragazzi e ragazze di non allontanarsi da casa per non dover sopportare troppo alte spese di mantenimento e anche la scelta giustissima di tante donne di andarsi a cercare un’occupazione fuori dalle mura domestiche. Fino a qualche anno fa, infatti, sono state le donne a farsi carico gratuitamente dei lavori domestici e della cura degli anziani, dei malati e anche dei bimbi, rinunziando in molti casi alle proprie legittime ambizioni esterne alla famiglia. Con il cambiamento dei costumi e della mentalità, si è imposta sempre più la necessità di un aiuto esterno per lo svolgimento delle tante incombenze familiari. E i giovani, piuttosto che restare disoccupati, hanno preferito andare a lavorare come collaboratori domestici, baby-sitter, badanti e perfino dog sitter.
In Campania, come mettono in risalto le recenti statistiche di Domina, ancor più che in altre regioni italiani. Complici due fattori, da un lato, la cronica mancanza di occasioni di lavoro alternative per chi ha basse qualifiche, dall’altro l’esponenziale aumento dell’età di tanti anziani che vivono di più, il 5,6% dei residenti nella regione ha superato gli 80 anni, ma hanno anche bisogno di maggiore assistenza e cura. Nella regione i numeri cominciano a essere significativi: ci sono 52mila famiglie che hanno bisogno di aiuto familiare, e sono solo quelle regolari che pagano i contributi e versano gli stipendi contrattuali con strumenti tracciabili. Ma ce ne sono almeno altrettante irregolari, perché il settore è caratterizzato da un alto tasso di sommerso, che supera una media del 50% contro quella nazionale che non supera il 12%. Al punto che oggi in Italia si stimano in circa 4 milioni le persone coinvolte, tra lavoratori e datori di lavoro che pagano in nero i dipendenti. Quest’ambito di cura e assistenza tra le quattro mura domestiche induce un consistente aumento del Pil a livello nazionale e locale. In Italia le famiglie spendono oggi 7,7 miliardi per i lavoratori domestici regolari, a cui si aggiungono 6,6 miliardi per la componente irregolare. Si tratta quindi di oltre 14 miliardi, che porta allo Stato un risparmio di circa 9 miliardi, pari a mezzo punto percentuale di Prodotto lordo, ovvero l’importo di cui le casse pubbliche dovrebbero farsi carico se gli anziani accuditi in casa venissero ricoverati in struttura. Se ci limitiamo alla sola Campania, il Pil di questa decisiva forma di welfare familiare si aggira attorno a 1 miliardo. Nella regione i lavoratori domestici italiani sono circa 18mila. Il resto è straniero. Ciò che colpisce maggiormente sotto il profilo sociologico è che sono in aumento i maschi che decidono di svolgere un’attività finora riservata quasi esclusivamente alle donne, frutto di un positivo cambiamento di mentalità e di costumi nelle giovani generazioni che per fortuna tendono sempre più ad accantonare cliché ormai superati e vetusti.