Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’inganno napoletano di Mr. Ripley
Come ogni spettatore minimamente avvertito so che il teletrasporto è una delle macchine più affascinanti del cinema. Di questi traslochi improvvisi e incongrui nei film e nella serialità televisiva se ne vedono a migliaia. Luoghi lontanissimi sono affiancati e montati in sequenza come se fosse uno a fianco all’altro. Conta l’effetto, fa parte del gioco e ognuno può, volendo pignoleggiare, anche divertirsi a smascherarli. Ci sono alla base ragioni tecniche, di budget, di fascinazione, di bellezza. Di cinema, in una parola.
Comprendiamo pure che per un americano cosa vuoi che cambi che un posto sia a Palermo o a Napoli: sempre Italia è. Però, per costruire questo «falso» cinematografico la produzione poteva trasferire a Palermo un edificio meno famoso di Napoli.
Oppure poteva cercarne un altro nella città siciliana, probabilmente non altrettanto seducente e coreografico come l’edificio progettato e innalzato nel Rione Sanità, nella prima metà del Settecento, assieme al gemello Palazzo dello Spagnuolo, da uno dei maestri dell’architettura, Giuseppe Sanfelice, un topos urbanistico napoletano fotografato da migliaia e migliaia di turisti e set di numerosi film e fiction. Tra l’altro è anche inquadrato
un murales («Il vento pesa quanto le catene») realizzato nello scalone, una decina di anni fa, dal francese Zilda e che nei primi anni Sessanta del secolo passato, quando è storicamente ambientata la serie, ovviamente non c’era. Ma questo è un dettaglio che rende più gustoso l’omaggio alla nostra città, protagonista di molte altre scene di «Ripley», insieme alla salernitana Atrani, perla della Costiera, dove è ambientata molta parte della miniserie, con la sua piazzetta, la sua spiaggia, il suo ponte e le scalinatelle longhe longhe, strettulelle struttulelle (che poi magari a un occhio attento sono invece ad Amalfi). Che fatica a scalarne, ma ne vale la pena anche solo a guardarle in tv.
Negli otto episodi della miniserie c’è un vero e proprio tour italiano, perfettamente ricollocato negli anni del bianco e nero: oltre Atrani, Napoli e Palermo si viaggia per Roma, Sanremo, Venezia. Però l’occhio dello spettatore napoletano si ferma su Napoli che è proposta con le sue perfette maschere di scandalo e di seduzione. Ripley spesso e volentieri si muove in treno e scende e sale dai vagoni anche a Napoli Centrale, che nella forma attuale fu inaugurata nel 1960. Nella miniserie è invece proposta una location differente, con una stazione che dovrebbe ricordare la precedente Ferrovia. Un set magnifico, va detto, quello trovato da Zaillian, che sfoggia imponenti colonne marmoree, citando l’Orson Welles più ispirato. Non sono riuscito a identificare il sito reale e non ho avuto nessuna voglia di smanettare e smarrirmi nel web. È stato sufficiente abbandonarmi alla regola principe dell’arte narrativa (scritta o filmata): la sospensione dell’incredulità. Godendomi una grande serie e un morboso omaggio a Napoli, sebbene talvolta per interposta geografia.