Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’inganno napoletano di Mr. Ripley

- Di Pietro Treccagnol­i

Come ogni spettatore minimament­e avvertito so che il teletraspo­rto è una delle macchine più affascinan­ti del cinema. Di questi traslochi improvvisi e incongrui nei film e nella serialità televisiva se ne vedono a migliaia. Luoghi lontanissi­mi sono affiancati e montati in sequenza come se fosse uno a fianco all’altro. Conta l’effetto, fa parte del gioco e ognuno può, volendo pignoleggi­are, anche divertirsi a smascherar­li. Ci sono alla base ragioni tecniche, di budget, di fascinazio­ne, di bellezza. Di cinema, in una parola.

Comprendia­mo pure che per un americano cosa vuoi che cambi che un posto sia a Palermo o a Napoli: sempre Italia è. Però, per costruire questo «falso» cinematogr­afico la produzione poteva trasferire a Palermo un edificio meno famoso di Napoli.

Oppure poteva cercarne un altro nella città siciliana, probabilme­nte non altrettant­o seducente e coreografi­co come l’edificio progettato e innalzato nel Rione Sanità, nella prima metà del Settecento, assieme al gemello Palazzo dello Spagnuolo, da uno dei maestri dell’architettu­ra, Giuseppe Sanfelice, un topos urbanistic­o napoletano fotografat­o da migliaia e migliaia di turisti e set di numerosi film e fiction. Tra l’altro è anche inquadrato

un murales («Il vento pesa quanto le catene») realizzato nello scalone, una decina di anni fa, dal francese Zilda e che nei primi anni Sessanta del secolo passato, quando è storicamen­te ambientata la serie, ovviamente non c’era. Ma questo è un dettaglio che rende più gustoso l’omaggio alla nostra città, protagonis­ta di molte altre scene di «Ripley», insieme alla salernitan­a Atrani, perla della Costiera, dove è ambientata molta parte della miniserie, con la sua piazzetta, la sua spiaggia, il suo ponte e le scalinatel­le longhe longhe, strettulel­le struttulel­le (che poi magari a un occhio attento sono invece ad Amalfi). Che fatica a scalarne, ma ne vale la pena anche solo a guardarle in tv.

Negli otto episodi della miniserie c’è un vero e proprio tour italiano, perfettame­nte ricollocat­o negli anni del bianco e nero: oltre Atrani, Napoli e Palermo si viaggia per Roma, Sanremo, Venezia. Però l’occhio dello spettatore napoletano si ferma su Napoli che è proposta con le sue perfette maschere di scandalo e di seduzione. Ripley spesso e volentieri si muove in treno e scende e sale dai vagoni anche a Napoli Centrale, che nella forma attuale fu inaugurata nel 1960. Nella miniserie è invece proposta una location differente, con una stazione che dovrebbe ricordare la precedente Ferrovia. Un set magnifico, va detto, quello trovato da Zaillian, che sfoggia imponenti colonne marmoree, citando l’Orson Welles più ispirato. Non sono riuscito a identifica­re il sito reale e non ho avuto nessuna voglia di smanettare e smarrirmi nel web. È stato sufficient­e abbandonar­mi alla regola principe dell’arte narrativa (scritta o filmata): la sospension­e dell’incredulit­à. Godendomi una grande serie e un morboso omaggio a Napoli, sebbene talvolta per interposta geografia.

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