Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Palazzo Marigliano «Metto in vendita l’appartamen­to nobile per non assistere al suo scempio»

- Di Mirella Armiero

La trattativa è riservata. L’appartamen­to nobile di Palazzo Marigliano ha una superficie di più di 500 metri quadrati, tra affreschi, stucchi e volte spettacola­ri. Una dimora principesc­a che l’avvocato Domenico Parrella, cassazioni­sta come la moglie Sabrina Verricchio, ha deciso di vendere «per non assistere allo scempio che si va facendo di questo luogo». In che senso? «Ritengo che ormai il Palazzo sia destinato alla fine, non c’è manutenzio­ne, si pensa solo a far nascere bed&breakfast, è una sconfitta forte per me. Io ho acquistato l’appartamen­to nel ‘70, ci ho vissuto, poi l’ho dato in affitto, ora sono tornato a viverci e a lavorarci, ho speso tanto in aggiusti, restauri. Tengo sempre le porte aperte, ne sono fiero. Qui attualment­e con mia moglie ci abitiamo e abbiamo la sede dello studio di entrambi, ma saremo costretti a lasciare. Ripeto, non voglio essere testimone di uno strazio». Una preoccupaz­ione, quella di Parrella, assai comprensib­ile nell’epoca dell’overtouris­m, quando ogni casa si trasforma in albergo. Ma al tempo stesso il Piano regolatore del 2004 tutela con grande forza lo storico Palazzo, quindi non dovrebbe essere così facile cambiare le destinazio­ni d’uso dei locali o altro. Almeno si spera. Anche perché l’edificio di via San Biagio dei Librai merita senz’altro tutta l’attenzione possibile: la gemma in piperno e marmo bianco fu costruita nel 1513 per volontà di Bartolomeo di Capua. La sua famiglia ne fu proprietar­ia per circa due secoli, fino a che nel Settecento la proprietà fu acquisita dalla famiglia dei Marigliano, che erano magistrati del re. L’erede attuale del casato è Francesco Marigliano e detiene la quota maggiorita­ria del palazzo, dunque potrebbe essere proprio lui uno dei potenziali acquirenti dell’appartamen­to, per riunificar­e l’intera proprietà. La storia del Palazzo è ricca e articolata: è stato testimone di episodi storici di rilevanza, come la «congiura di Macchia», del 1701, ricordata da una

lapide nell’atrio: fu ordita dalla nobiltà napoletana nel tentativo di rovesciare il governo vicereale spagnolo. Ma anche le vicende degli ultimi decenni sono degne di nota. Proprio nell’appartamen­to nobile ora in vendita si riunivano negli anni Novanta i «neogiacobi­ni» delle Assise che dal Palazzo hanno preso il nome, un movimento di spicco della società civile capitanato da Gerardo Marotta e Aldo Masullo, che ancora oggi esiste ed ha diversi eredi impegnati in battaglie per Napoli. Ricorda ancora Parrella: «Io all’epoca avevo affittato l’appartamen­to alla Soprintend­enza Archivisti­ca che allora era guidata da Maria Rosaria de

Divitiis». Ed fu lei a decidere di ospitare, il sabata mattina, gli intellettu­ali delle Assise. Prima ancora c’era stato l’Istituto Gramsci e nelle stanze a fianco si riunivano i soci dell’Associazio­ne risveglio Napoli tra cui Fabrizia Ramondino. Qui fu attivo anche il Centro coordiname­nto campano, che negli anni Settanta fu una delle esperienze associativ­e più vive in città. Il bellissimo giardino pensile sul quale dà l’appartamen­to nobile è condiviso con la sede del Riot ed è dominato da uno dei cavalli di Mimmo Paladino che si trova qui da tempo, affidato dal Comune alla Soprintend­enza archivisti­ca (che oggi ha sede a Palazzo Carafa): «Lo hanno lasciato qui perché non sapevano come portarlo via», osserva Parrella. Insomma, un luogo ricchissim­o di memoria. E «Memini» è la scritta che si legge nel grande salone delle feste dell’appartamen­to in vendita. Un invito a non dimenticar­e, che sembra oggi più che mai opportuno.

La storia La gemma in piperno e marmo bianco fu costruita nel 1513 per volontà di Bartolomeo di Capua, nel ‘700 la proprietà passò di mano

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