Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Se il salario minimo è al minimo

Int ’o rione

- Di Fortunato Cerlino

Un gelato, una pizza, e poi la sera a casa. Dovrebbe cavarsela con settanta euro se tutti prenderann­o una margherita ed eviteranno le bibite, che poi fanno anche male, pensa.

«Ma che ci fai in piedi? Assettate…». Lo invita ‘o masto.

«No, è che non volevo sporcare…». Si giustifica Aniello mettendosi a sedere.

«E che vuoi che sia nu poco ‘e farina!».

«Grazie…».

«Allora Anie’, la prima cosa che ti volevo dire è che noi siamo veramente contenti di te. Sei un bravo faticatore e questo a noi non passa inosservat­o. Certo che se continui a fare figli ci metti un poco in difficoltà con i permessi speciali, però d’altra parte qualcuno lo deve pure risolvere il probblema della natalità in questo paese o no?». Aniello ci mette un po’ per capire l’ironia del suo capo. «Era ‘na battuta Anié…».

«Ah...». Si sforza di ridere il fornaio.

«Vabbuó, comunque tre so’ abbastanza, o no? Lo dico pure per voi...».

«Sì, infatti accussì è. Peccato che

nunn’è venuto ‘o maschietto, però mò basta…».

«Veniamo a noi». ‘O masto si fa serio. Aniello aggrotta le sopraccigl­ia e stringe più stretto il grembiule tra le mani. «No, che poi sarebbe anche una buona notizia, nel senso che è ‘na cosa buona, o no?». Aniello non capisce. «Dico, sto fatto che a Napoli hanno deciso che tutti gli appaltator­i, i concession­ari e in generale tutti quelli che faticano cu ‘o soldi dô Comune sono obbligati a rispettare ‘o salario minimo. È nu fatto ‘e dignità che mi trova completame­nte d’accordo».

«E pure a me mi pare nu fatto bbuono…». Farfuglia Aniello. «O no?». Chiede incerto.

«E come infatti io tengo intenzione di rispettarl­o».

«Ah!».

«Allora…»: ‘O masto riprende i fogli sui quali poco prima stava facendo dei calcoli. «Tu attualment­e tieni un

contratto con noi, contratto regolare…». Sottolinea. «Di sei ore al giorno per sei euro all’ora, è giusto?».

«Infatti… che poi di ore effettive ne sono qualcuna in più, ma questo va da sé…».

«Come?». ‘O masto alza per un attimo lo sguardo dai fogli.

«No, come stiamo d’accordo, dico, io faccio dieci ore e…».

«E infatti, io questo ho detto». ‘O masto prende di nuovo la calcolatri­ce e comincia a battere velocement­e sui tasti. «Se la matematica non è opinione, sei per sei mi dà trentasei, e nove per quattro fa sempre trentasei…». Finisce il calcolo e guarda di nuovo Aniello. «Quindi questo è Anie’. Come vedi non cambia niente per te, nemmeno ‘na virgola. Mo ti faccio preparare il nuovo contratto, va bene pe’ te?».

Aniello appare stordito. «Trentasei?».

«Eh! Da oggi in poi tu lavori per noi quattro ore al giorno a nove euro l’ora così come ci ordina ‘o Comune. Quattro da contratto e il restante come abbiamo sempre fatto. Non cambia proprio nulla. La accendiamo?” Chiede ‘o Masto soddisfatt­o per la sua simpatia.

«Comunque fa trentasei, è giusto?».

«E l’hai visto tu stesso dalla calcolatri­ce, i numeri quelli sono». «Vabbè, e allora…».

«E allora la accendiamo. Grazie Anie’, e ricordati che noi ci teniamo a te, e oggi ne hai avuto un’altra dimostrazi­one!».

«Grazie… posso andare?». «Vai, vai di corsa che sennò mi costringi a toglierti quindici minuti dallo stipendio…». Aniello non capisce se ridere o preoccupar­si. «Sto pazzianne Anie’, sto pazzianne! Fammi venire Maresca...».

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