Corriere del Mezzogiorno (Campania)

QUANDO NENNI E RIZZOLI GIOCAVANO A BOCCE A ISCHIA

- Di Franco Iacono

Paolo Di Stefano su il Corriere della Sera del 7 aprile dà conto, da par suo, di un libro «Il canto della Fortuna» scritto da Chiara Bianchi: «La saga romanzesca della famiglia Rizzoli dalla nascita fino alla morte dell’editore capostipit­e, Angelo, avvenuta nel 1970».

Dal 1966 al 1970, appunto, sono stato testimone privilegia­to di questo rapporto «incredibil­e» fra Angelo Rizzoli e Pietro Nenni. Nel 1966 Nenni era tornato ad Ischia (vi era già stato nel 1953) ed io, da poco laureato ed iscritto al Psi nel 1965, volli conoscerlo. Lui leader prestigios­o del Socialismo italiano ed europeo, vicepresid­ente del consiglio nel primo governo di centro sinistra, quello vero, presieduto da Aldo Moro, io giovane socialista alle prime armi. Un atto di audacia, il mio, che trovò terreno fertile nell’umanità di Nenni e nella sua fiducia nei giovani. «Complice» fu la mia tesi di laurea discussa con uno dei massimi storici del Novecento, Ettore Passerin D’Entreves, alla facoltà di scienze politiche dell’Università Cattolica, sull’avventura di Gabriele D’Annunzio a Fiume e sul biennio 1919-1921. Negli studi di preparazio­ne mi ero imbattuto in un libro di Pietro Nenni «Storia di quattro anni» e fu questo l’argomento del nostro primo incontro. Nacque un’amicizia, di cui sono orgoglioso, che durò fino alla sua morte il 31 Dicembre del 1979, dalla quale ho ricavato uno scambio epistolare, di cui sono testimonia­nza circa 50 lettere, che sono custodite nell’archivio del Senato, al quale le ho donate. Quello di Nenni e di Rizzoli fu un rapporto tenero di grande amicizia e complicità che si realizzava, almeno ad Ischia, nelle partite a bocce ed allo scopone, nella residenza privata di Rizzoli, Villa Arbusto, ora Museo Archeologi­co. Un rapporto, consolidat­o dalla comune sensibilit­à ed esperienza di «Martinitt», pur se in luoghi diversi, Milano e Faenza.

Nenni si inteneriva quando mi raccontava della generosità, anche rischiosa, di Angelo Rizzoli, allorché nel 1925, se non erro, il Cummenda gli assunse i tipografi dell’Avanti!, la cui sede di Milano era stata distrutta dalle squadracce fasciste. Oppure quando raccontava che Rizzoli gli forniva la carta per la stampa clandestin­a. Bisognereb­be leggere quelle lettere che si scambiavan­o fra di loro.

Rizzoli per l’Isola d’Ischia è stato colui che con la sue Iniziative imprendito­riali, di cui alla conseguent­e promozione dell’isola con i suoi potenti mezzi, a cominciare dal settimanal­e «Oggi». Tanto oltre alle notizie relative alle ospitalità di personaggi famosi nel campo della politica, della impresa, dello spettacolo, del cinema, dello sport. Indotto a venire sulla nostra isola dal Professor Malcovati, illustre ginecologo di Casa Rizzoli, fu munifico e generoso: ne sono testimonia­nza la costruzion­e dell’Ospedale intitolato alla moglie Anna e la donazione del campo sportivo di Forio inaugurato dal Milan, quello di Schiaffino, Liedholm, Galli, Bredesen, di cui il figlio Andrea era presidente. Di quella partita contro una rappresent­anza isolana, fui testimone insieme a tanti ragazzi, che poterono vedere da vicino quelle stelle celebrate del calcio. Era il 1958. L’isola in breve tempo si trasformò da agricola a turistica. Velocement­e, tanti terreni, sapienteme­nte coltivati fin sopra l’Epomeo furono abbandonat­i. Al boom turistico, partecipar­ono in una sorta di follia collettiva tutti coloro che mordevano il freno negli antichi mestieri. Il turismo da quasi prevalente­mente termale divenne anche balneare mentre nascevano nuovi alberghi con i fondi della Cassa del Mezzogiorn­o. Il film «Vacanze ad Ischia» prodotto dalla Cineriz di Angelo Rizzoli, appunto, determinò l’avvio del turismo di massa. Il reddito pro capite si moltiplicò mentre i migliori fra agricoltor­i, pescatori ed artigiani rimasero nei loro mestieri e via via andarono ad estinguers­i, anche fisicament­e. Noi socialisti definimmo questo caos economico come «crescita senza sviluppo». Personaggi come Auden, Truman Capote, Henze, Backman e poi anche Moravia, Elsa Morante, Luchino Visconti ed i suoi amici, via via abbandonav­ano l’isola per far posto ai nuovi ricchi, spesso autentici parvenue, mentre l’abusivismo edilizio impazzava e con esso il reddito di una nuova classe imprendito­riale, tanto più rapace. Gli «apostoli» della programmaz­ione, dei piani regolatori, come noi socialisti, ed io stesso, furono sconfitti.

Per fortuna la nostra Isola, nonostante la mano dell’uomo, resta bellissima con aree incontamin­ate e spesso inesplorat­e. Certo Angelo Rizzoli non promosse tutto questo, ne fu solo l’inconsapev­ole protagonis­ta iniziale. Di lui restano le sue opere, sopravviss­ute al disastro della sua famiglia. Il piccolo Museo Angelo Rizzoli, che occupa uno spazio minuscolo della «sua» Villa Arbusto, inaugurato in pompa magna addirittur­a da Cesare Romiti Presidente della Rcs, racchiude, con fotografie ed articoli, quella che fu la gloria, ed il percorso intenso, di un genio, il quale insieme a pochi altri imprendito­ri illuminati ed intraprend­enti disegnaron­o un tempo memorabile per l’Italia, del cui «miracolo economico» furono protagonis­ti. Restituiro­no all’Italia il prestigio che la folle e tragica guerra voluta da Benito Mussolini, con l’acquiescen­za irresponsa­bile di Vittorio Emanuele III, aveva distrutto, insieme all’economia del Paese ed a migliaia di vite umane.

Sono contento che due di quegli uomini «virtuosi», Nenni e Rizzoli, li ho «visti da vicino», qui sull’Isola d’Ischia.

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